Arcipelago Auschwitz
Come Hitler pianificava la colonizzazione dell'Est
Con
i grandi Hauptlager polacchi doveva diventare un centro industriale
d'avanguardia. All'esterno del filo spinato una città con le ville delle
SS, un teatro, un cinema, viali con semafori. Imperava la corruzione,
tutti rubavano, grandi feste tra le SS che vivevano con le famiglie in
modo lussuoso, mentre a Birkenau scoppiavano casi di cannibalismo. Il
complesso della Buna II (gomma sintetica) sfruttava il lavoro di 40.000
tecnici, civili e prigionieri, la tragica dissoluzione alla fine di
gennaio del 1945.
Dopo
quarant'anni di ricerche sul nazismo credevo di saperne abbastanza sul
feroce meccanismo che portò all'eliminazione degli ebrei, dei popoli
dell'Est e di tutte le categorie e minoranze ostili al Terzo Reich. Ora
una delle ultime, pazienti ricerche condotte in Germania da Gudrun Schwarz,
collaboratrice dell'Istituto di ricerche sociali di Amburgo, ha fatto
compiere un notevole passo avanti nella conoscenza della perfetta e
mostruosa organizzazione costruita dagli uomini della svastica.
Come
si sa i nazisti volevano liberarsi degli ebrei trasferendoli nel
Madagascar. L'operazione fallì ed allora si pensò agli spazi al di là
degli Urali. Ma la campagna di Russia fin dall'inizio tagliò le gambe a
questo ambizioso progetto. La Russia liberata doveva costituire lo spazio
vitale per i giovani pionieri del nazismo e permettere insediamenti
definitivi di una Germania colossalmente potente e padrona dell'Europa. Fu
necessario far presto e ricorrere a un nuovo metodo, per il quale Berlino
non era ancora preparata. Fu usato il metodo dei plotoni d'esecuzione, ma
si capì subito che non bastavano. Cioè che non avevano, come si direbbe
oggi, sufficiente produttività. Si pensò allora ai Lager, alle camere a
gas, ai forni crematori.
La
Germania diventò tutta un Lager: oltre ventimila, con deportati,
lavoratori forzati, lavoratori volontari, prigionieri di guerra. E tanti
ebrei espulsi da ogni carica pubblica, che li trovavi in ogni città ed in
ogni villaggio. Si trattava di scegliere i posti d'eliminazione fuori dal
territorio metropolitano, negli ampi spazi dell'Est. Si sfogliarono le
carte geografiche e si scelsero i luoghi con un criterio base preciso: che
fossero tutti lungo linee ferroviarie già esistenti o da rapidamente
costruire per permettere ai primi treni pieni di gente destinata a morire
di arrivare al tragico appuntamento in perfetto orario, qualunque fosse il
punto di partenza dai centri di raccolta.
Gli
Hauptlager raggiunsero il numero di 27 nel 1944 e ciascuno aveva i
propri campi di lavoro satelliti (Aussenkommandos) con relativi
gruppi di lavoro (Arbeitskommandos) pronti ad essere spostati dove
ce ne fosse bisogno.
Prima
della guerra furono otto: Dachau (linea ferroviaria Monaco -
Ingolstadt) Sachsenhausen (linea ferroviaria Berlino - Neustrelitz),
Buchenwald (linea ferroviaria Erfurt - Lpsia), Flossenbürg
(linea ferroviaria Norimberga - Boemia), Mauthausen (linea
ferroviaria Vienna - Linz), Neuengamme (linea ferroviaria Monaco -
Hannover - Amburgo), Ravensbrück (linea ferroviaria Amburgo -
Berlino) Stutthof, (linea ferroviaria Varsavia - Danzica - Elbing,
36 Km. a est di Danzica.
Quando
le prime cannonate sulla Westplatte di Danzica diedero il via all'assalto
della Polonia si cominciò a pensare ad Auschwitz, sulla linea
ferroviaria per Katowice, uno dei punti più importanti della rete
polacca, di proprietà di ebrei, che vennero in gran parte fatti sloggiare
dai loro villaggi, e da Zarsole, dove si insediarono con le loro ville le
SS addette alla sorveglianza.Poi vennero Gross - Rosen, sulla linea
per Breslavia, Natzwailer a Stuthof, sulla linea Colmar -
Strasburgo (siamo nell'Alsazia Francese), Belzec, sulla linea
Lublino - Leopoli, Chelmno, sulla linea Lodz - Posen, Sobibòr,
sulla linea Chelm - Brestklitovsk, Treblinka, sulla Varsavia -
Bialjstok, Novaky, (Ungheria), (Herzogenbusch, sulla Utrecht
- Eindoven (siamo in Olanda), Bergen - Belsen, sulla linea Celle -
Soltau, Dora - Mittelbau, sulla Gottinga - Halle, Maidanek,
sulla Varsavia - Lublino) e poi altri sei in Ungheria, Cecoslovacchia e
Romania: Sárváz, Gugör, Ungsvar, Sajoszentpèter, Nagybanya,
Debrecen.
L'orario
ferroviario per i morituri.
A
questo punto i tedeschi, nella loro efficienza che può esprimersi nel
bene e nel male, costruirono un orario ferroviario speciale che si
affiancava, parallelamente ed autonomamente, a quello dei passeggeri, ma
militarizzato per l'afflusso al fronte dei soldati e dei rifornimenti. Un
orario che non entrò mai in collisione con quello ufficiale e che portava
le vittime alle camere a gas con una precisione assoluta. I tedeschi
sapevano al termine di ogni giornata la situazione di ogni singolo vagone
e potevano disporre i movimenti dei convogli con una semplice telefonata.
Cavi telefonici speciali collegavano istantaneamente, senza bisogno di
passaggi attraverso centrali di smistamento, Berlino con qualsiasi città
d'Europa. E i loro telex funzionavano già con tecnica raffinata. Bisogna
sapere queste cose per rendersi conto del pericolo che l'Europa stava
correndo.
Assieme
al nuovo orario ferroviario per i candidati alla morte o al lavoro forzato
stamparono centinaia di migliaia di registri (tra cui anche il Totenbuch,
il libro dei morti, di moduli, di Ausweis per l'interno del Lager
con relative fotografie, diedero un numero di matricola a chi non andava
nel forno, fecero preparare i triangoli colorati da sistemare sulla
giacchetta a stelle e strisce per distinguere le varie cattegorie dei
"criminali", costruirono
accanto ai binari d'arrivo dei treni le rampe per la selezione degli abili
e non.Le rampe permettevano uno scarico più veloce delle persone aiutato
da grida e bastonate, furono una delle ultime "scoperte" delle
SS e un posto di lavoro più agevole per i medici incaricati della
selezione:
Ogni
Lager fu costruito su disegni preparati da architetti mobilitati dalla
sezione amministrativa di Berlino diretta da Oswald Pohl (sarà impiccato
nel 1956, in Baviera). Il Lager non era costituito soltanto dall'insieme
di baracche per i prigionieri, dall'Appellplatz per la conta
ripetuta varie volte al giorno, dal settore forche, ce n'era anche una
mobile per impiccare 12 prigionieri alla volta, dal muro contro il quale
avvenivano le fucilazioni (blocco 11), dalle torri di guardia con le
fotoelettriche, dai locali adibiti a prigione, dalle sezioni destinate
agli esperimenti medici, dai forni crematori grandi e piccoli, dai
magazzini in cui venivano accantonati i vestiti, le valigie, le scarpe, le
pellicce ed ogni oggetto trasportato dagli infelici che arrivavano con i
treni (in gergo Canada), da tre serie di sbarramenti: uno di filo
spinato con la corrente ad alta tensione (Kleine Postenkette), uno
(Grosse Postenkette) con le sentinelle che smontavano di sera ed
uno costituito da una compagnia speciale di cani (Hundstaffel) addestrati
ad assalire ed azzannare i prigionieri che tentassero l'evasione.
Il
Lager nella sua concezione diabolica era qualcosa di più di tutto questo:
una vera e propria città brulicante di creature in cattività e di altre
libere, Auschwitz prigione era un quadrato di 600 metri con 60 baracche in
legno, Auschwitz città arrivò ad occupare una superfice di 175 ettari ed
ebbe una popolazione pari a quella, per dare un esempio, di Trieste. Due
chilometri fuori da reticolato elettrico c'era il campo di concentramento
dei prigionieri inglesi, francesi e di altre nazionalità, protetti - in
virtù della Convenzione di Ginevra - dalla Croce Rossa Internazionale. I
treni che portavano i candidati alla morte portavano anche i pacchi di
viveri, di dolci, di divise nuove, di coperte e di ogni cosa necessaria ai
reclusi prigionieri di guerra. Vivevano bene, ma dovevano collaborare alla
costruzione dello stabilimento Bruna per la fabbricazione di gomma
sintetica, la cui produzione secondo i programmi sarebbe iniziata il primo
febbraio 1945. Ma i russi arrivarono tre giorni prima e tutto
quell'immenso insieme di laboratori con l'aria condizionata
in cui avevano lavorato 40.000 tra tecnici, e civili e prigionieri,
diventò un cimitero di tubi e cemento.
Cinema,
teatro, giardini, orti.
Esisteva
anche una città esterna al Lager, di cui pure faceva parte
amministrativamente, ed è ciò che ora scopriamo grazie all'ottimo lavoro
di ricerca di Gudrun Schwarz che ho citato.
I
tedeschi hanno chiamato queste città esterne al filo spinato Siedlungen,
cioè insediamenti. E' una parola - chiave del loro vocabolario altezzoso
e fantastico.
Un
insediamento è il nucleo di abitati futuri, in un'Europa soggiogata al
nazismo.
Come le baracche di Auschwitz resistono ancora alle intemperie dopo più
di cinquant'anni, pur essendo di legno (si parla di modelli svizzeri,
campioni in questo campo) così gli insediamenti furono costruiti con il
lavoro dei prigionieri in forma di cittadine definitive. Luoghi viali ben
curati con ville che si affacciavano su di essi, i semafori con le luci
rosse e verdi per regolare il traffico, cinema, teatro, luoghi di riunione
e di divertimento, giardini pieni di fiori, orti per avere a disposizione
le primizie di ogni stagione, scuole per i figli delle SS. Auschwitz era
così, a Berlino gli avevano assegnato nella grande mappa della nuova
Europa un posto di avanguardia.
C'era
ad Auschwitz in cima ad una collinetta una chiesa cattolica, di salesiani,
con fuori le panchine con la scritta Nur für Arier, soltanto per
ariani. Dal campo si scorgeva a ponente il campanile. Di lassù si poteva
vedere e capire, lassù a Messa andavano quei polacchi che per ragioni di
servizio avevano il permesso di restare in zona. Anche da quella chiesa in
zona di pionieri partirono appelli al mondo su quanto succedeva, ma il
mondo (Roma e Washington) tacque.
Tra
i polacchi c'erano parecchi testimoni di Geova, uomini e donne, che le SS
avevano risparmiato dalla fine nelle camere a gas perchè, pur negando il
saluto nazista, il servizio militare e l'obbedienza a Hitler, non
manifestavano sentimenti di rivolta e lavoravano volentieri. Vennero
reclutati e chiamati a fare i mestieri nelle case dei capi delle SS e
muniti di lasciapassare per non essere catturati da chi procedeva alle
selezioni. Molti avevano giacca e calzoni a striscie col triangolo
violetto che contraddistingueva la loro cattegoria, altri vestivano come
camerieri e cameriere. Dovevano osservare severe regole di disciplina, non
riferire mai a nessuno ciò che vedevano o sentivano ovunque andassero
pena la morte, ma la loro vita era meno amara e tragica degli altri.
Qualcuno
sopravvissuto lavorò in casa del dottor Josef Mengele, il terribile
sperimentatore sui gemelli e sui nani, di cui conservava organi e parti
spedendoli poi all'Istituto di antropologia Kaiser Wilhelm, di Berlino -
Dahlem. La moglie, Irene, trascorse vari periodi con lui: una specie di
luna di miele con bagni nel fiume Sola durante l'estate 1944 e poi una
lunga ricerca di more con cui la consorte preparava la marmellata.
Nonostante l'idillio Irene fu colpita dalla difterite e venne ricoverata
nell'ospedale militare, da pochi giorni inaugurato, che si trovava proprio
di fronte alla camera a gas. Dalla finestra vedeva gli uomini che
versavano il Zyklon B nelle stanze della morte, i treni che arrivavano, il
fumo che usciva dal camino. "Da dove viene questo fumo?" chiese
un giorno al marito."Non chiedermelo" fu la risposta cruda e
netta. E lei non chiese più nulla. Anzi lasciò un diario entusiasta di
ciò che aveva vissuto ad Auschwitz.
Gli
uomini e le donne che prestavano servizio in quelle ville esterne al filo
spinato erano registrati a Berlino nel dipartimento D II dell'Ufficio
centrale per l'economia e l'amministrazione di Berlino diretto da Oswald
Pohl, nella gerarchia delle SS sottoposto soltanto a Himmler, il capo
supremo. Le famiglie che potevano disporne erano una trentina. Ad alcuni
capitò di essere chiamati nella villa di Rudolf Höss, un edificio di
mattoni scuri a due piani con mansarda ad una decina di metri dal filo
spinato. Un grandissimo salice piangente ombreggiava l'apertura della
recinzione, altri alberi tentavano di dare un'atmosfera borghese alla tana
del comandante crudele. Himmler visitò quella casa arredata con mobili
sfarzosi due volte, si fece fotografare, passeggiò nel giardino e si fece
spiegare bene l'andamento delle camere a gas. Spesso venne da Berlino
Oswald Pohl, capo dell'ufficio centrale per l'economia e
l'amministrazione: un uomo potentissimo. Gli ospiti trovavano piatti
prelibati preparati dai cuochi con materiale prelevato dal magazzino
viveri dei prigionieri, tramite il capo del settore: zucchero, farina,
margarina, lievito in polvere, maccheroni, fiocchi d'avena, salse varie,
cacao, cannella, semolino, piselli e altro. Tutta roba portata dagli ebrei
finiti nelle camere a gas e che a Höss non costava niente. A sua volta la
macelleria del Lager forniva carne e salsicce, e la latteria il latte.
Esisteva e funzionava infatti una fattoria sperimentale. E intanto a
Birkenau fra i russi scoppiarono per la fame casi di cannibalismo.
Gli
abiti delle donne ebree gasate servivano a vestire le prigioniere che
prestavano servizio in casa, le pelli raggruppate nella conceria servivano
per fare gli stivali degli ufficiali, ma anche le scarpine delle signore e
dei loro figli, così come famosi sarti salvati dalla morte confezionavano
divise, cappotti, abiti vari con stoffe pregiate. Cera anche un settore
molto vasto dedicato alle coltivazioni agricole con apposite serre
riscaldate per assicurare il fabbisogno di verdure. Nella conceria si
seccava la massa dei capelli tagliati alle donne per trasformarli in
feltri e in stivaloni felpati per i sommergibilisti della Kriegsmarine, in
modo da proteggerli dall'umidità mentre colavano a picco le navi
mercantili, e in suole per i ferrovieri. La seccagione avveniva per mezzo
dei forni crematori. Poi tutto veniva insaccato in grandi e lunghi sacchi
bianchi e inviati alla ditta Alex Zink, Filzfabrik AG, di Roth presso
Norimberga. In sacchetti speciali venivano raccolti gli orologi di cui gli
ebrei avevano dovuto spogliarsi. Qualcuno sparì e finì nelle villette e
nelle case della città esterna al Lager, gli altri vennero mandati a
Berlino, dove Himmler li fece ripulire, revisionare, riparare prima di
inviarli come dono speciale - con i cinghietti di pelle nuovi e scatolette
confezionate apposta - alle sue SS più fedeli ed attive. Il regalo era
molto ambito, nei documenti tedeschi c'è traccia di questo mercato
interno.
Arrivano nel 1942
- 1500 operai e tecnici italiani.
Funzionavano
nella città esterna anche parrucchieri per uomo e donna. Le spose non
mancavano di frequentarle per presentarsi in forma perfetta nelle serate
importanti in cui a tavola servivano giovani SS in giacchetta bianca e gli
ospiti bevevano vini pregiati in bicchieri di cristallo. Himmler
permetteva queste cose: era la medicina per attutire l'angoscia ed i
traumi prodotti dal dover lavorare con il sangue umano.
Quando
Höss fu trasferito a Berlino, nella primavera del 1944, perchè il suo
nome e la sua nomea di carnefice erano troppo conosciuti (così volle
Himmler) per trasportare tutto ciò che si trovava in casa sua furono
neccessari quattro vagoni ferroviari.
Mentre
sorgevano gli edifici della Buna Werke per l'estrazione della
benzina sintetica dal carbone apparvero a dare una mano nella primavera
del 1942 anche 1500 operai e tecnici italiani assoldati con un contratto a
termine firmato a Roma in Piazza Apostoli 13 tra il sindacato fascista
dell'edilizia e un rappresentante del corrispondente sindacato nazista.
Altre migliaia finirono in una cittadina non lontana da Auschwitz ed in
un'altra dell'Alta Slesia. Provenivano da aziende di Torino, Novara, Roma,
Milano, Como e altre città e comprendevano anche specialisti nella posa
di binari, nella guida di locomotori, nell'impasto del cemento e nella
sistemazione di quello armato, e poi falegnami e perfino cuochi. Gli
italiani portarono con sè gli strumenti di lavoro e videro cos'era il
Lager alla cui crescita collaboravano. Ma loro testimonianza non esiste.
Sappiamo soltanto che i nazisti non si dissero contenti del loro ritmo
produttivo e che ci furono contrasti e tentativi di tornare in Italia
prima del previsto. Cosa capitò a loro - se c'erano ancora - l'otto
settembre 1943 forse non verrà a galla mai. Appartiene a quelle pagine di
storia oscure di cui è pieno il nostro passato.
Continuiamo
nel nostro esame anatomico di Auschwitz. I capi si sono insediati nelle
loro ville e case e vivono con le mogli e figli come in una terra di
vacanza. Si considerano managers di una grande azienda, la quale -
questa è la tragedia - non produce automobili o frigoriferi, ma cenere
che viene regolarmente trasportata nei terreni paludosi adiacenti per
rassodare il terreno. La manovalanza è costituita dalle Totenkopfverbände,
che sono i reparti speciali delle SS addestrati ad usare il frustino per
farsi obbedire dai prigionieri. Essi hanno proprie baracche fuori dal
recinto elettrico, baracche tutte attrezzate con viveri e liquori, e
montano e smontano di servizio secondo orari implacabili. Naturalmente nei
turni più faticosi scaricano il loro malumore sugli infelici, poi vanno
al bordello - il Block 29, con le finestre sempre chiuse e popolato da
ragazze polacche - preparato per il loro sollazzo, e talvolta al cinema.
Sono abituati alla brutalità, facili alla corruzione, rubano come rubano
i capi: preziosi trovati negli abiti di cui si sono spogliati gli ebrei,
vestiti, orologi, pettini, scarpe, calze, camicie, biancheria intima,
cappotti. Hanno il permesso di mandare qualcosa alle famiglie lontane, e
grossi pacchi partono per la Germania semi distrutta dai bombardamenti con
i treni che rientrano vuoti. Mangiano a sufficienza questi operai della
morte.
Hanno il grilletto facile, un morto per loro è soltanto un ammasso d'ossa
e carne. L'azienda - Lager funziona come un orologio di precisione: i
treni continuano ad arrivare preceduti dall'annuncio con i fax, gli
spazi di quell'inferno si riempiono di grida e di dolore.
C'è
un capitano delle SS, Karl Fritzsch, ex marinaio su un battello sul
Danubio, che ha il compito di accogliere i prigionieri, lo fa con zelo e
malvagità, tutto compreso del suo dovere di altoparlante di Auschwitz.
Dice: "Vi comunico che non siete venuti in un sanatorio, bensì in un
campo di concentramento tedesco, dal quale c'è un'unica uscita: il
camino. Se ciò non dovesse piacere, potete correre subito a buttarvi tra
i fili dell'alta tensione. Gli ebrei non hanno diritto di vivere più di
due settimane, i religiosi un mese, gli altri tre mesi". E' questo
capitano - ricorda Gudrun Schwarz - che usò per primo il Zyklon B,
che veniva adoperato per sterminare gli insetti che avevano invaso i
magazzini. Un cuore di marmo.
Molto
ricercate erano le feste in casa del dentista delle SS, il Brigadéführer
Wilhelm Frank, due volte alla settimana in un palazzo di via von Garbania
all'incrocio con la strada che dalla stazione portava al Lager. Frank
arrivava con l'auto piena di cibi prelibati e di bottiglie e si faceva
pulire gli stivali che "puzzavano di cadaveri". Il suo compito
era quello di valutare l'importanza dei denti d'oro strappati a chi doveva
andare nelle camere a gas o ai morti all'apertura dei locali. Controllava
la lega dell'oro diceva e scriveva in un registro quanti marchi valevano,
preparava sacchetti che finivano a Berlino a Himmler e da Himmler alla
Banca di stato e da qui, dopo essere fusi in lingotti o monete, in
Svizzera per finanziare l'acquisto di armi. Un compito non secondario,
come si comprende subito, in quella tragica azienda. L'otto ottobre 1942
l'oro dentario spedito con un plico speciale pesava 50 chili. Servì alle
riparazioni dentarie delle SS. Dalla bocca dei morti a quella degli
assassini.
Ad
una delle prime SS che si insediarono nel 1941 nella parte esterna di
Auschwitz apparteneva la famiglia Schvarzhuber, che veniva dall'esperienza
dei Lager di Sachsenhausen e Dachau. Suo figlio di appena sei anni
- ne aveva anche uno di otto - appena poteva varcava il recinto e
si mescolava ai prigionieri: andava a cercare l'ufficio di suo padre.
Queste sue fughe crearono il panico e allora gli posero una targhetta al
collo con la scritta: "Questo è il figlio del comandante dei reparti
di custodia del Lager, Schwarzhuber". Così più volte scampò alla
cattura e alla camera a gas. L'SS era un amante della musica folcloristica
e per godere di essa assieme alla famiglia faceva danzare i prigionieri
russi davanti a casa sua. Non solo. Mobilitava la banda che suonava anche
all'alba nella nebbia, ogni volta che i prigionieri in cinque per fila si
mettevano in marcia passando il reticolato e il posto di conta delle SS
per andare a lavorare e faceva ripetere il motivo, anche "Rosamunda",
mentre arrivava in automobile con la famiglia.
Si
sentiva un capo, mostrava ai suoi quel "campo" che lui dominava
e poi ascoltava le arie intonate dai musicisti.
L'ultimo
appello, l'ultima zuppa.
Pur
svolgendo un compito orribile, le SS con a fianco mogli e figli vivevano
tranquilli. Mentre in Germania suonavano continuamente le sirene e i
bombardieri della RAF e degli USA scaricavano migliaia di tonnellate di
esplosivo, ad Auschwitz non c'era che l'inconveniente della puzza del
camino in cui bruciavano i cadaveri. Aerei alleati sorvolarono il Lager,
ma scattarono solo fotografie. Nonostante fossero stati richiesti di
interrompere la linea ferroviaria e di impedire il movimento dei trasporti
non lo fecero mai. Anche questo è un mistero. La speranza dei morituri di
essere ascoltati preferendo, se del caso, morire tra le esplosioni invece
che tra le esalazioni del Zyklon B, non venne mai esaudita. Le SS con le
loro famiglie riuscirono alla fine a portare con sé in patria banconote,
oro, gioielli, mobili e ogni ben di dio ponendosi in grado - chi sfuggì
alla cattura - di preparare, pagando, la fuga, attraverso l'Italia e la
compiacenza delle autorità ecclesiastiche romane, verso il Sud America.
L'ultimo
appello ad Auschwitz ebbe luogo la sera del 17 gennaio 1945. Il conteggio
effettuato dalla manovalanza del SS in assenza dei capi diede questo
risultato, come ho già scritto anni fa nel volume "Lager"
stampato dall'Istituto storico della Resistenza bresciana.
Auschwitz: 15.317 prigionieri - 16.577 prigioniere
Monowitz: 10.233 prigionieri
Campi ausiliari: 22.800 prigionieri - 2.095 prigioniere
per un totale di 67.012 persone.
Il
18 gennaio mattina venne distribuita l'ultima razione di zuppa preparata
nelle cucine, l'unico fabbricato in muratura. Nel pomeriggio fu la volta
di un tozzo di pane. Poi tutto si fermò, anche se nella oscurità le
fotoelettriche frugavano ogni angolo del Lager e nelle torrette le SS
montavano la guardia. A mezzanotte la luce cessò, cominciò un
bombardamento che faceva tremare la terra e causò l'incendio di diverse
baracche, tra il terrore generale. Passò la notte infernale e
cominciarono una serie di giorni orribili, ogni prigioniero alla ricerca
di un modo per sopravvivere. Il termometro segnava venti sotto zero. Ogni
passaggio si riempì di cadaveri, di escrementi, di feriti, di gente
ignuda che piangeva.
Le
SS cominciarono a bruciare i documenti che si trovavano nei vari uffici
del campo e nelle infermerie. Il dottor Mengele radunò i suoi e partì
per Berlino. I prigionieri vennero avvisati che si doveva andar via.
A
gruppi di cinquecento, le donne e i bambini con le zoccole ai piedi,
cominciarono all'alba a muovere i primi passi sulle strade e nei campi
trasformati in una lastra di ghiaccio. Nel pomeriggio toccò ai
prigionieri di Birkenau. A mezzanotte uscì l'ultima colonna. La rotta
prevedeva una prima sosta a Pszcyna, da raggiungere per due strade, una
seconda a Wodzislaw Slaski. Chi non resisteva allo sforzo veniva
abbattuto: questa sorte toccò a 510 uomini e donne. Gli altri vennero
caricati su carri di carbone scoperti e trasportati a Buchenwald, Dachau e
Sachsenhausen. Una buona parte vi arrivarono assiderati.
Nel
Lager erano rimasti gli ammalati, i deboli ed i bambini: quasi diecimila
persone. Vennero a mancare l'acqua, il cibo e l'elettricità: un aereo
sovietico aveva fatto saltare la centrale dell'energia. A Birkenau le SS
fecero uscire duecento donne dai capannoni e le fucilarono di fianco alle
rotaie della ferrovia. Poi misero l'esplosivo ai forni crematori II e III,
alle baracche - deposito dei vestiti ed al forno crematorio V. Squadre
speciali appena arrivate stavano accingendosi - secondo l'ordine dell'SS
- Obergruppenführer Ernest Schmauser, capo della polizia di Breslavia
- a liquidare i rimasti. Ma si sparse la voce che il campo era già
circondato dai russi e le squadre sparirono con la stessa velocità con
cui erano arrivate. Un gruppetto però rimase e fece saltare nella notte
del 26 gennaio l'ultimo forno crematorio.
Il
mattino del 27 un soldato russo isolato arrivò all'infermeria di Monowitz
(Auschwitz III) e, sebbene fosse abituato all'inferno, provò orrore per
ciò che vide. La battaglia per il Lager si accese nel primo pomeriggio.
Due russi erano arrivati al cancello, sotto la scritta Arbeit macht
frei, e vennero freddati da un cecchino. Alle 15, però, Auschwitz era
liberata. Qualche ora prima di fuggire le SS appiccarono il fuoco a 29 dei
35 capannoni - deposito di materiale. Le fiamme si alzarono in cielo
altissime e ruggenti. Ma sei resistettero e i russi sbucati da una fitta
nebbia trovarono un'orrenda catasta di cose appartenute ai morti: 368.820
vestiti da uomo, 836.255 vestiti (gonne e camicette) da donna, 5525 paia
di scarpe femminili, 13.964 tappeti, grandi quantità di vestiti da
bambini, spazzolini da denti, dentiere, pentole e casseruole, e sette
tonnellate di capelli. I prigionieri rimasti erano 7.650. Molti così
sfiniti che morirono prima di ricevere le cure delle unità sanitarie
sovietiche.
I
grandi capi erano già tutti in salvo. Qualcuno fu catturato e impiccato.
Tutti giovani, a cominciare da Himmler, che aveva appena 44 anni e da
Eichmann trentanovenne. " Noi rimasti - dice Primo Levi - giacevamo
in un mondo di morti e di larve ".
l
libro:
Gudrun
Schwarz
Una
donna al suo fianco
Il
Saggiatore, Milano 2000.
L'organigramma
di Auschwitz
Il
Lager - madre, in polacco Oswilcim, venne dichiarato KZ il 26 maggio 1940,
Fino al novembre 1943 le tre sezioni - Auschwitz I, Stammlalger, Auschwitz
II - Birkenau, e Auschwitz III - Monowitz - dipendevano da un unico
comando. Poi diventarono indipendenti. I vari comandanti furono Rudolf Höss,
Arthur Bliebehenschel, Josef Kramer, Albert Schwarz, Fritz Hartjenstein e Richard Baer.
Auschwitz
I (Stammlager)
Nel blocco 11 nel settembre 1941 fu effettuato il primo tentativo
di eleminazione con il " Zyklon B".
Al test furono sottoposti dei prigionieri russi. Fino all'ottobre
1942 i prigionieri ebrei vennero gasati nel recinto crematoio. Poi
la tecnica si affinò, come abbiamo raccontato.
Auschwitz II
(Birkenau)
Era
situato a circa 3 Km. dallo Stammlager. La costruzione cominciò l'8
ottobre 1941. In polacco si chiamava Brzezinka. Nel gennaio 1942 venne
trasformato in un grosso centro di morte. Nuove baracche furono edificate
fino al 1943 avanzato.
L'ultimo
crematorio venne fatto saltare per ordine di Himmler alla fine di novembre
del 1944. Ad Auschwitz II finirono tra gli altri gli ebrei di
Theresienstadt, gli zingari, intere famiglie - che avevano un apposito
settore -, i destinati alla quarantena (ed alla liquidazione), i puniti
con il carcere rieducativo. Il deposito detto "Canada" in cui
venivano depositati i beni dei morti era proprio qui.
Auschwitz III (Monowitz)
Chiamato anche Lager Buna. La sua costruzione iniziò il 31 maggio 1942. In polacco
si chiamava Monowice. Era il Lager industriale di Auschwitz ricavato
nell'area della città, i cui abitanti dovettero sloggiare per ordine di
Himmler.
Al
suo posto la IG - Farben AG iniziò i lavori per la costruzione del
gigantesco stabilimento "Buna II", coadiuvato da 70 aziende del
settore chimico. Il suo esempio fu seguito da altre aziende, tra le quali
la Krupp e la Siemens - Schuckert. A Monowitz.
Qui,
a Blechhammer ed in un'altra filiale lavorarono nel 1942 oltre 3500
tecnici e operai italiani, assunti con regolare contratto.
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