Armadio della vergogna: La strage di Coo
Venti mesi al massacro
È il 1943.Su un'isola delle Sporadi i soldati italiani si oppongono
alla Wermacht. E sono trucidati.
Ecco la testimonianza di don Bacheca.
di Franco Giustolisi
Una vecchia e piccola lapide, posta 57 anni fa ai piedi di una tomba fatta di
ossa e di terra: «Piamente sottratti alle fosse di Linopoti riposano qui dal
Marzo 1945 i resti mortali dei 66 dei più che 100 Ufficiali Italiani che la
mitraglia tedesca clandestinamente trucidava nell'ottobre 1943 ».
Come a Cefalonia, i 4 mila militari italiani del Decimo reggimento di fanteria
della divisione Regina, opposero ogni possibile resistenza alla Wermacht
nell'isola di Coo, Sporadi meridionali. Era il settembre del 1943. Al momento della
resa, nei primi giorni di ottobre, i 118 ufficiali del reggimento, furono radunati
in un campo.Sommariamente interrogati, 15 furono messi in disparte per vari
motivi (i due cappellani, i medici, i fascisti, i collaborazionisti). Quattro
erano scesi immediatamente in campo avverso:il capitano Camillo Nasca,
comandante
di batteria che all'arrivo dei tedeschi aveva subito innalzato la bandiera con
la croce uncinata; il sottotenente Perrymond; il centurione Tetro della Mvsn
(Milizia volontaria per la sicurezza nazionale); e il capomanipolo della stessa
formazione Mortillaro. I rimanenti 103 vennero «a distanza di tempo e a
gruppetti di 8-10 avviati verso la costa per imbarcarsi », dice un rapporto
dello Stato Maggiore dell'esercito compilato da un collaborazionista. Furono
imbarcati, invece, verso la morte. Fucilati, mitragliati, pistolettati: nessuno sa
come, non ci sono stati testimoni, non si sono cercati testimoni. Furono
ritrovate anni dopo soltanto le salme. E solo di 66. Il tenente generale
Friedrich Wilhelm Muller,comandante della ventiduesima divisione di fanteria
tedesca, che ebbe l'incarico dell'operazione Eisbar (Orso Polare) per
l'occupazione dell'isola, prese alla lettera l'ordine di Hitler di uccidere,
anche dopo la resa, gli ufficiali italiani. Lo fece cercando di far sparire ogni
traccia. Ma, attenzione, quel bilancio di 103 non tiene conto di sottufficiali e
soldati uccisi per i più futili, anzi inesistenti motivi, come rileva nella sua
relazione il sacerdote Michelangelo Bacheca, parroco cattolico di Coo.
Muller, a differenza della maggior parte dei suoi innumerevoli colleghi in
arte trucidatoria, fu giustiziato nel maggio del 1947 ad Atene per crimini di
guerra. Il suo nome è annotato nel gran registro dell'Armadio della vergogna
dove venivano prima accantonate e, poi, sepolte le denunce degli orrori
nazifascisti. Figura a pagina cinque,paragrafo 35. È scritto così:
«Cognome,nome,paternità e grado dell'imputato: Muller gen.tedesco. Titolo del
reato: articolo 211 del codice penale militare di guerra (assassinio di
prigionieri, ndr). Ente denunciante: Luigi Re, capitano di fregata. Provenienza:
ministero degli Esteri, Londra. Archiviato il 14 gennaio 1960 (si
tratta dell'archiviazione provvisoria architettata dal procuratore generale
militare Enrico Santacroce per cercare di perpetuare quanto fatto dai suoi due
predecessori; ndr). Trasmesso al pubblico ministero di Roma l'11 novembre del
1994 (è l'anno in cui fu scoperto l'Armadio,ndr). Archiviato definitivamente
(...) per morte dell'imputato ». Nel registro, alla colonna "parti
lese" figura anche un nome: «Lo Presti e molti altri » e l'annotazione
"Isole Lero". Il cancelliere che scrupolosamente scriveva sul registro
i dati che gli venivano forniti dai superiori, ha accomunato le due isole, Coo e
Lero, dato che Muller diresse anche l'operazione Leopard per la conquista di
quest'ultima isola dell'Egeo, condotta a termine con solita, rituale e,
purtroppo
per quel che ci riguarda, ignorata strage. Il tenente Lo Presti, comandante di
una batteria a Lero, resistette a lungo ai tedeschi: fu fucilato,insieme a
moltissimi altri, subito dopo essere stato fatto prigioniero. Quel che fecero i
tedeschi a Coo, 290 chilometri quadrati, 23 mila abitanti, una delle isole passate
all'Italia dopo la Prima guerra mondiale, e al termine della Seconda andate alla
Grecia, lo racconta diffusamente don Bacheca. A seguito dell'armistizio dell'8
settembre, arrivò nell'isola un contingente inglese di circa 2 mila uomini a dar
man forte ai nostri. Ma quando Muller scatenò l'offensiva la resistenza non
potè durare a lungo data l'impossibilità di reagire alle continue e
terrificanti ondate dei bombardamenti effettuati dagli Stukas, così come era
accaduto a Cefalonia,Spalato, Korika, Scarpanto... «L'occupazione da parte delle
truppe alemanne fu affare di soli due giorni (...) ma per circa 20 mesi regnò
il terrore, la violenza, l'arbitrio. Non si dovrebbe parlare di saccheggio come
fattore continuato, perché questo, triste inerenza di ogni occupazione violenta
di guerra, dovrebbe risolversi nel giro di pochi giorni.Invece a Coo divenne un
sistema ». «Una continua sparatoria imperversò per tutta l'isola a tutte le
ore del giorno e della notte per oltre due mesi, un mortaio sparava
ininterrottamente sul porto ogni cinque minuti... Il colono italiano Eugenio
Lovari il 7 ottobre veniva atterrato sulla porta di casa con un colpo di pistola
a bruciapelo per aver tentato di salvare la sua donna dall'oltraggio (...). Un
soldato prigioniero veniva fatto correre per essere il macabro bersaglio delle
rivoltelle di due sottufficiali (...). Un altro fante, chiamato a far parte di
una corvè di lavoratori, assentatesi con il debito permesso per soddisfare un
bisogno, venne freddato sul posto perché si era ripresentato in un luogo diverso
da quello dal quale si era allontanato. La sua salma fu seppellita a fior di
terra sotto una palma alla porta del Castello. I nostri soldati erano alla fame,
vilipesi, angariati,bastonati. I prigionieri inglesi, invece venivano trattati
secondo le regole di guerra ».
Ma il delitto orrendo del quale gli stessi carnefici devono aver sentito la
gravita se non la vergogna, visto che lo consumarono del tutto clandestinamente e
tanto impegno poi misero nell'occultarlo, è stato senza dubbio l'eccidio degli
ufficiali (...). Si parlò all'inizio che erano una settantina di ufficiali
fucilati (...). Ma quella cifra costituiva il primo gruppo degli italiani dal
generale Muller dannati al macello, non sappiamo con quale simulacro di
giudizio, la sera stessa del 4 ottobre 1943 (...). Poi ci fu un altro gruppo,
perlomeno di 30, indicato dalla fonte semiufficiale della Gestapo (...) la
mattina del 13 marzo del 1944 quando nascostamente fu dato inizio
all'esumazione,nelle fosse degli acquitrini di Fuscomà, nei pressi di Linopoti
(...). Ma vari indizi portano anche in altre direzioni dove, tra l'altro,furono
trovati brandelli di divise e mostrine (...)». Don Bacheca fa un'analisi nome
per nome delle 103 vittime che risulteranno poi anche allo Stato Maggiore come
è detto in uno dei nove volumi editi dalla "Commissione per lo studio
della resistenza dei militari italiani all'estero", il tutto per circa 7.500
pagine. |