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“STORIA PASSATA… NON MACINA PIU’!
di Claudio Sommaruga

Il tempo è una voragine, anzi un buco nero che ingoia la storia: se miriamo al futuro dobbiamo bloccare la storia prima che giunga al punto di non ritorno!
Le storie scritte dai vincitori o dai vinti si contraddicono sempre, ma concordano nel disprezzo dei prigionieri, testimoni scomodi di verità imbarazzanti. Un soldato è mandato in guerra per vincere o morire da eroe, non per arrendersi e le disfatte vengono di solito imputate ai soldati, accusati di codardia e diserzione, mentre si assolvono “quelli delle poltrone”, comandanti e strateghi e non si saprà mai la verità sulle cifre e il trattamento dei prigionieri. Per non incoraggiare diserzioni, vale la regola che i prigionieri in mano nemica ”non devono star bene”, perciò i belligeranti non sollecitano mai troppo l’invio dei pacchi da casa, l’assistenza della Croce Rossa, il rimpatrio dei prigionieri e glissano, come il nemico, sulle Convenzioni di Ginevra, ma non è facile calcare la mano sulla sofferenza dei prigionieri senza angustiare le famiglie e dar corda ai disfattisti!
Come da copione, le nostre autorità accolsero in patria i prigionieri di Adua con un < Dovevate morire! >, quelli di Caporetto con 200.000 processi e persino gli IMI, che pur non erano prigionieri ma “volontari” nei Lager per lealtà, con un offensivo < Ma chi ve l’ha fatto fare? >. Stalin non perdonava i prigionieri e a fine guerra ne deportò, dalla Germania in Siberia, tre milioni dell’Armata Rossa appena liberati.
Dall’altra parte, prima della resa dei conti, i nazisti distrussero parte degli archivi dei prigionieri scampati alle distruzioni, ma non fecero in tempo, come ordinato da Himmler, a sterminare i prigionieri perché non testimoniassero i loro crimini!
La nostra resistenza all’estero, sul campo e nei Lager, fu colpevolmente affossata nel dopoguerra dal disinteresse dello Stato italiano e della massa “neutra” dei 16 milioni di “attendisti” del ‘43-‘45, poi dalla “guerra fredda” che dissuadeva dal dir male dei tedeschi e infine dal silenzio dei reduci incompresi e beffati: è una storia dolente, che la gente, i media, l’editoria e la scuola non vollero recepire e ci misero mezzo secolo a riscoprire Cefalonia. E Lero? E l’epopea balcanica dell’invitta ”Garibaldi”? E tante, tante altre storie rimosse che fine hanno fatto?
Ecco alcune voragini della storia degli IMI.
1) – Il calvario e la resistenza degli IMI, vista allora da dentro i reticolati e ora da inquadrare nel mondo di fuori e dei 24 milioni di “schiavi di Hitler”. Purtroppo gli archivi istituzionali italiani e tedeschi, scampati alle distruzioni belliche non volute o volute, troppo spesso sono sconosciuti, lacunosi e inagibili; poi mancò a fine guerra, con memoria fresca e abbondanza di reduci, un’esauriente raccolta delle fonti, con effetto di cancellare fatti e strapazzare la storia in un caos di cifre a spanne, contraddittorie e di contenuto indefinito.
2) – Si parla degli IMI, ma s’ignora che c’erano anche dei nostri KGF, prigionieri senza tutela, coatti in battaglioni lavoratori “ausiliari” al servizio della Wehrmacht, nelle immediate retrovie dei fronti italiano, balcanico e russo. Erano i ”badogliani” resistenti della prima ora, sopraffatti dai tedeschi dopo resistenza nelle Ionie, Egeo, Grecia, Balcani, Roma, ecc. e non assassinati come a Cefalonia. Il loro status era indefinito: rigorosamente separati dagli IMI, erano di fatto KGF magari frammisti agli “ausiliari” volontari e a volte schedati per la propaganda nelle FF.AA. della RSI! Molti, catturati ai fronti e considerati collaboratori dei tedeschi, subirono una seconda prigionia sotto Stalin o sotto Tito!
3) – La sorte dei renitenti e dei ritardatari della “leva Graziani”, inquadrati in ”battaglioni di disciplina” di lavoratori militarizzati della RSI sotto controllo tedesco, impiegati ai fronti, in Italia e poi in Germania ma di fatto KGF e sfregiati con le stellette badogliane, picco e pala, perché ritenuti indegni di fregiarsi dei gladi repubblichini e d’impugnare le armi! Poi, dopo la guerra, saranno ingiustamente reietti da tutti, ”badogliani” per i fascisti e “ragazzi di Salò” per gli antifascisti e dovranno effettuare un secondo servizio militare!
4) – La storia intricata, confusa e lacunosa dei nostri militari sbandati in Grecia e nei Balcani, imboscati, prigionieri o combattenti anche in alternanza, sotto i tedeschi e militanze e prigionie nelle opposte fazioni partigiane nazionaliste e comuniste. Inesplicabilmente si ignora l’epopea della “Garibaldi”, unica divisione regia invitta all’estero e ignorata nella “guerra fredda” per aver combattuto a fianco del comunista Tito, dimenticando che anche gli anglo-americani allora erano alleati del comunista Stalin e che oltre il 60% dei nostri partigiani erano socialcomunisti!
5) – Le seconde prigionie sotto Stalin, di 12.000 KGF dei tedeschi (con oltre 1000 morti!) e di altri 15.000 sotto Tito (con 5000 morti!). Con la caduta del Muro di Berlino, si sono resi accessibili, e tradotti in italiano, gli elenchi dell’ NKVD/KGB dei prigionieri di Stalin, unitamente a uelli dell’ ARMIR, coi dati anagrafici e militari, di cattura e dei Gulag, dei rimpatriati e dei deceduti, e in riordino presso l’UNIRR (Ass. Naz. It. Reduci Russia) e parte, in copia, nel mio “Archivio IMI”. Le cifre e gli elenchi dei prigionieri di Tito si dovrebbero desumere al Min. Difesa, dagli elenchi dei rimpatriati nel 1946/47.
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Sono alcuni temi di ricerca, tra i molti, che si potrebbero sviluppare con buona volontà, esplorando un prezioso patrimonio ignorato di milioni di dati, trascurati per ignavia, cattiva volontà, burocrazia e segreto d’ufficio, come ad esempio le 364.000 “schede IMI” della Wehrmacht, scoperte di recente a Berlino, le 120.000 domande d’indennizzo (inutili!) documentate di recente dagli “schiavi di Hitler” viventi all’OIM, le 180.000 “cartes de capture” inoltrate alla Croce Rossa nell’autunno 1943, i fogli matricolari, stati di servizio, interrogatori al rimpatrio, dossier, ecc., degli oltre 700.000 IMI e giacenti presso i Distretti (se non distrutti dopo 50 anni) o depositati all’Archivio di Stato, gli archivi amministrativi e storici del Min. Difesa e Min. Esteri, di “Onorcaduti”, delle Procure Militari, delle Armi, gli archivi delle Associazioni di reduci, (con diari e testimonianze), gli Archivi della RSI (presso Archivio di Stato), della Commissione KZ e delle Pensioni di Guerra e d’Invalidità (Min. Tesoro) e i relativi ricorsi alle Corti dei Conti, le anagrafi comunali, ecc.
Dal 15 settembre 2004 sarà accessibile il fondo “Uff. Informazioni Vaticano per i prtigionieri di guerra 1939-1947”, con 10 milioni di ricerche relative a oltre due milioni di prigionieri e dispersi, soprattutto in Germania e fra cui molti italiani.
E’ una marea di dati da informatizzare, preziosa per statistiche e ricostruzioni degli iter della deportazione, internamento, lavoro, “civilizzazione” opzioni, ecc., soprattutto dei soldati, ovviamente senza far nomi rispettando la privacy.
Più passa il tempo, più si riducono i testimoni validi e ”le carte” e sarà sempre più difficile o impossibile tamponare questi ”buchi neri” della storia!
Salviamo, finché in tempo, quel poco che ancora c’è di salvabile!




 

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