Articolo del Corriere della Sera del 15 settembre 2001
Niente indennizzi ai deportati
italiani
Berlino: dopo l' 8 settembre erano prigionieri di
guerra, non schiavi del nazismo
Di Feo Gianluca
«Niente indennizzi ai deportati italiani» Berlino: dopo
l' 8 settembre erano prigionieri di guerra, non schiavi del nazismo L'
ultima beffa dell' otto settembre. Nel 1943 i soldati italiani che non
si arresero ai tedeschi vennero considerati «banditi »: fucilati alle
spalle come a Cefalonia. O deportati in Germania senza nessun diritto,
costretti a lavorare nelle fabbriche e nelle fattorie del Reich in condizioni
disumane. Un' epopea drammatica: su 650 mila militari catturati dalle
forze germaniche, in venti mesi più di 50 mila morirono per fame, freddo
e malattie. Sui loro cappotti logori una scritta con la vernice bianca
li marchiava: Imi, sigla per «Internati militari italiani». Ma ora dopo
58 anni le autorità di Berlino hanno stabilito c he quei 650 mila erano
«prigionieri di guerra» e quindi non potranno ottenere i risarcimenti
stanziati per gli «schiavi» del nazismo. Unica eccezione - recita il comunicato
ufficiale - è per le persone che possono dimostrare di non essere state
detenute nei campi di concentramento delle forze armate germaniche ma
nei lager delle SS.
Il verdetto cancella le ultime speranze di 60 mila italiani che hanno
presentato la richiesta di risarcimento. Tutti hanno allegato alla domanda
l' elenco delle mansioni che erano stati costretti a svolgere per il sistema
produttivo del Reich. Speravano ancora di ottenere un indennizzo, più
simbolico che concreto: una cifra compresa tra i 2.000 e i 15.000 marchi
- da due a quindici milioni di lire, a seconda del tipo di lavoro e dei
danni fisici - come compensazione per i soprusi subìti. Invece nulla.
La «Fondazione Memoria, responsabilità e futuro» - creata un anno fa e
che gestisce i fondi per conto del governo e delle imprese tedesche -
ritiene che gli « Imi» siano stati dei semplici «prigionieri di guerra
della Germania». «Esprimiamo la nostra solidarietà ai prigionieri italiani
che hanno dovuto attendere tanto tempo per ottenere questa risposta -
ha dichiarato Dirk de Winter, direttore dell' Iom, uno degli enti che
curano i rimborsi in collaborazione con la Fondazione -. Ma non è possibile
fare fronte a tutte le ingiustizie e le sofferenze inflitte durante l'
era nazista».
La decisione di Berlino è destinata a far discutere. I reparti italiani
catturati dopo l' 8 settembre 1943 dagli ex alleati tedeschi, in assenza
di una dichiarazione di ostilità, sono da considerare prigionieri di guerra?
All' epoca non solo le Ss naziste ma anche l' esercito, la Wehrmacht,
non li ritenne tali e giustiziò tutti i soldati che opponevano resistenza.
E quelli deportati nei campi della Germania, dell' Austria e della Polonia
e poi sfruttati per rimpiazzare la manodopera tedesca?
La Fondazione riconosce il diritto ai pagamenti solo nel caso di lavoro
coatto o in condizioni di schiavitù nella macchina bellica hitleriana.
Nulla invece è previsto per i prigionieri di guerra che - in base alla
Convenzione di Ginevra - non erano tenuti al lavoro. Ma una perizia condotta
dallo storico tedesco Gerard Schreiber ha evidenziato proprio le differenze
fra il trattamento subìto dai prigionieri di guerra e quello inflitto
gli Imi, affidati alla tutela della Repubblica di Salò mussoliniana ma
di fatto privati di ogni diritto. Sin dall' ottobre 1943 i «rinnegati
badogliani» vennero obbligati a fare da operai, contadini e manovali,
senza nessuna delle garanzie previste dai trattati internazionali. Nel
luglio del 1944, poi, un patto tra Hitler e Mussolini li privò anche dello
status di militari, classificandoli formalmente «lavoratori liberi» ma
rendendoli di fatto poco più che «schiavi». Chi si rifiutava di collaborare
- come nel caso di trecento giovani ufficiali nella fabbrica di paracadute
di Koin Merheim -, veniva bollato quale «nemico dell' Europa» e perdeva
tutti i diritti.
Nulla di paragonabile alla situazione dei «veri» prigionieri britannici
ed americani o a quella dei francesi «trattenuti» dopo la resa del ' 40.
Ma l' Anrp, l' Associazione reduci della prigionia che assiste gli italiani
interessati ai risarcimenti, temeva un verdetto del genere. La Fondazione
infatti è stata concepita dai politici e dai grandi gruppi economici della
Germania unita per chiudere il capitolo più nefasto del passato, privilegiando
però le vittime ebre e e quelle provenienti dall' Europa orientale. Solo
il 5% dei 10 miliardi di marchi stanziati (diecimila miliardi di lire)
è destinato ai Paesi occidentali. E se fossero state riconosciute le rivendicazioni
degli Imi, agli italiani sarebbe andata metà di questi fondi.
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