Articoli tratti dalla Stampa del 26.05.2001

 

ESTERI Sabato 26 Maggio 2001

Gli 80 mila superstiti si mobilitano: non ci interessano i soldi stanziati dalla Germania ma la verità storica

Esclusi dai risarcimenti gli italiani schiavi di Hitler

Emanuele Novazio

ROMA La stragrande maggioranza degli italiani vittime del lavoro forzato negli anni del Terzo Reich rischia di non ricevere indennizzi, nonostante l’approvazione definitiva dell’accordo con il quale banche, grandi aziende e governo tedeschi si impegnano a versare 10 mila miliardi di lire agli "schiavi di Hitler" sopravvissuti (una media di 15 milioni di lire a testa per un milione e mezzo di vecchi sparsi nel mondo). A lanciare l’allarme è l’"Organizzazione internazionale per le migrazioni", l’Oim, una delle agenzie che il cancelliere Schroeder ha incaricato di gestire il programma di risarcimento: in Italia il 90% cento dei potenziali aventi diritto, forse 80 mila persone rimaste su un totale di 700 mila, è infatti rappresentato da militari deportati in Germania dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, e impiegati a forza nell’industria di guerra del Reich (il restante 10% era costituito da civili non soltanto ebrei). Il regime nazista li etichettò come "Imi" - INTERNATI MILITARI italiani - e non come prigionieri di guerra, privandoli così delle garanzie previste dalla Convenzione di Ginevra del 1929 e dell’assistenza della Croce Rossa. Ma la loro situazione viene assimilata oggi alla condizione di prigionieri di guerra, che la legge tedesca esclude dagli indennizzi previsti per i "lavoratori forzati". Una commissione istituita dal governo di Berlino si pronuncerà il 25 giugno sulla posizione degli "Imi". Ma il timore di un’esclusione è diffuso, in Italia: "Siamo preoccupati non tanto per i risarcimenti quanto per la verità storica", conferma il professor Enzo Orlanducci, segretario generale dell’Anrp, l’Associazione nazionale reduci e prigionieri di guerra che organizza oggi una manifestazione in tutte le Prefetture d’Italia per "sollecitare l’inclusione degli internati nel programma di indennizzo". "Se considereranno gli Imi come prigionieri di guerra entreremo nella nuova Europa con il piede sbagliato", avverte Orlanducci. "La differenza è chiara: gli internati erano privi di tutele internazionali e obbligati arbitrariamente e unilateralmente al lavoro in campi di punizione", si legge in un documento Anpr. Il problema è complicato dalla mancanza di una anagrafe dei reduci - nonostante lo sforzo dell’Oim e dei responsabili degli Istituti di Storia della Resistenza di numerose città - e dal disinteresse del governo italiano che, accusa Orlanducci, si è limitato finora a sollecitare un incontro di un rappresentante della Farnesina e un funzionario della Difesa con i responsabili della Fondazione tedesca incaricata della raccolta dei fondi. Anche i partiti - con l’eccezione del Pdc di Cossutta e della Lega, che hanno ottenuto l’interessamento del presidente Ciampi - hanno ignorato un problema che va al di là del fattore economico ma investe uno capitoli più oscuri della storia recente. "Chiediamo la verità. Lotteremo e se sarà necessario faremo causa alla Germania", avverte il presidente dell’Associazione reduci. Per ottenere gli indennizzi e - nei casi in cui le imprese tedesche pagarono, paradossalmente, i contributi su un lavoro coatto e non retribuito - "per ottenere il ricongiungimento di quei versamenti ai contribuiti accumulati successivamente dai reduci". Come dire che si annuncia anche una causa di lavoro, accanto a una denuncia di dimensione ben più vasta e dai contorni storico-morali. Anche se il tempo stringe: il termine per la richiesta d’indennizzo - una scheda con 120 domande - scade l’11 agosto, ma all’Oim sono arrivate finora soltanto le risposte di 12 mila persone su un totale di 76 mila contatti.

 

SAVONA Sabato 26 Maggio 2001

Portato al prefetto messaggio di ex internati in Germania

SAVONA. Anche l’associazione IMI (INTERNATI MILITARI italiani) del Savonese ha preparato un messaggio da rivolgere al prefetto. Questa mattina, alle 10,30 di fronte al palazzo del governo di piazza Saffi, così come accadrà in tutti gli altri capoluogi di provincia, ci sarà una delegazione dell’IMI, guidata dal referente provinciale, il cengese Pietro Bagnasco, che sarà poi ricevuta dal prefetto Luigi Serra al quale consegnerà la richiesta di "giusto riconoscimento" in nome degli INTERNATI MILITARI italiani in Germania. Al messaggio sarà unito un mazzo di rose bianche, simbolo della lotta contro il nazismo. Quello che i delegati dell’IMI chiedono, è che i prefetti si attivino nei confronti della Germania e dell’Austria perché venga riconosciuto il lavoro e la dignità dei tanti italiani che, durante la seconda guerra mondiale, furono deportati nei campi di lavoro. L’aspetto economico ha, naturalmente, la sua rilevanza: ciò che muove l’associazione, tuttavia, non è il semplice risarcimento materiale, ma l’edificazione di un sistema nel quale "Memoria, responsabilità e futuro" sia un reale punto di partenza per rendere giustizia alle immani sofferenze patite da questi uomini, che mai potranno essere cancellate da compensi economici. Le autorità tedesche competenti non hanno ancora debitamente valutato tutti gli aspetti ed i risvolti del problema.