Gli italiani vittime come milioni di europei della barbarie nazista.
L'Istituto
di Storia Contemporanea Pier Amato Perretta di Como in rappresentanza di
oltre 12.000 lavoratori forzati italiani nella industria bellica nazista,
porta all'attenzione di questa Assemblea, dell'opinione pubblica e della
stampa tedesca il problema degli internati militari italiani (IMI). che
non è stato ancora risolto nonostante manchino pochissimi mesi alla
scadenza delle domande di indennizzo (11 agosto 2001).
Circa 50.000 persone hanno sinora contattato lo Iom da tutta Italia. Essi
attendono questo riconoscimento tardivo: intanto nell'attesa di questa
decisione ogni giorno qualcuno di questi sopravvissuti muore.
50.000 italiani sono morti nei Lager del Terzo Reich per fame, malattie, stenti, impiccagione,
tortura, fucilazione. A tutti costoro la legge tedesca non concede alcun
riconoscimento.
Lo stesso crudele comportamento è applicato ai 9000 soldati italiani
assassinati a Cefalonia.
Coloro che rientrarono in Italia minati nel fisico (pesavano 35-40 kg) e nello spirito, alla soglia della morte
aspettano un riconoscimento che prima che monetario è un fatto morale.
Oggi la Fondazione rinvia ulteriormente questa decisione affidando ad una
commissione di storici non meglio precisata il responso definitivo. Ma i
documenti tedeschi, il lavoro di molti importanti storici italiani e
tedeschi ha già dimostrato la realtà della condizione in cui si
trovarono costretti i deportati italiani, mai trattati come prigionieri di guerra, non tutelati dalla Convenzione di Ginevra,
costretti a lavorare nell'industria bellica nazista in condizioni
disumane.
Non si tratta di portare a termine una operazione burocratica che cancelli
tutto il sangue versato in ogni parte d'Europa da
soldati assassini e miserabili e da un regime nemico dell'umanità.
La nuova Germania democratica non ha nessuna colpa dei delitti perpetrati
dai padri e dai nonni, ma perché la Germania di oggi non debba vergognarsi e perché non si
commetta un falso storico chiediamo che la società civile spinga i
rappresentanti della Fondazione ad assumersi le responsabilità orali del
furto di vita e di lavoro schiavistico non pagato.
Chiediamo che non sia l'offeso a dover dimostrare a distanza di quasi 60
anni con documenti difficilmente reperibili la sofferenza patita, ma sia la
Germania stessa attraverso i suoi archivi a riconoscere questo diritto.
E' necessario per la storia di una nuova Europa chiudere presto questo
capitolo amaro, nella considerazione che l'orrore del nazismo, resterà
sempre nella storia.
IL PRESIDENTE
Il DIRETTORE
Lazzero Ricciotti
Valter Merazzi
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