Rivarolo Mantovano (MN), 27 marzo 2003.
Lei da che famiglia proviene? Come è stata la sua giovinezza prima di andare in guerra? La mia giovinezza è stata: ero con la mamma e una mia sorella a casa da soli e dopo sono andati … io non potevo andare via. Potevo stare a casa, potevo. Dopo mi hanno chiamato in tempo di guerra e così mi è toccato andare.
Cosa faceva la sua famiglia? Mio papà è morto che aveva 42 anni. Lavorava anche lui in campagna sotto padrone.
Braccianti, e io lo stesso.
Io sono figlio unico di madre vedova come maschio e avevo una sorella.
Ha studiato? No, no ho fatto fino alla quinta elementare.
Durante il fascismo noi altri ci è toccato andare col fascismo, perché allora sa come trattavano la gente.
Ma cosa si pensava nella vostra famiglia del fascismo? La nostra famiglia era tutta alla viceversa del fascismo.
Sì, sì, sì.
Si ricorda qualcosa? Non mi ricordo niente!
Quando è stato chiamato alle armi? Sono stato chiamato dal ‘41, dal ‘41 nel mese di gennaio.
Dove è stato mandato? Sono stato … m’han mandato subito al distretto, dal distretto siamo andati a Trento, da Trento mancavano dei soldati lì al Brennero e siamo andati direttamente al Brennero.
Che reparti erano? Io ero Guardia di Frontiera, dopo son passato negli Alpini.
Fino a che mi han preso.
In questo periodo non ha partecipato a dei combattimenti? No, no, no. Abbiamo avuto delle … prima c’avevano chiesto se si doveva partire per la Russia, dopo, invece, erano già tanti militari … siamo andati fino alla stazione, dalla stazione c’han mandati indietro perché non avevano più bisogno. Dopo è arrivato un altro telegramma lì al comando che si doveva partire per l’Africa; anche lì all’Africa siamo stati … non avevano più bisogno neanche per l’Africa; e dopo siamo stati lì al Brennero ……
Quale era la vostra mansione al Brennero? La nostra mansione era fare delle esercitazioni. Ero sul confine proprio. C’era una casermetta al confine, e si doveva fare il servizio per quindici giorni, dopo davano il cambio. Venivano su altri tre, quattro o cinque lì al confine, ogni tanto si andava a verificare i confini se erano a posto o mica a posto …
C’è stato qualche episodio particolare in questo periodo? No, no.
E’ successo che c’erano i fascisti, alla caserma dov’ero, c’erano quelli della milizia, e allora tanti, c’è stato un tafferuglio perché loro prendevano di più di paga e a noi altri ci davano venti centesimi e loro prendevano cinque lire. E allora abbiamo avuto anche noi altri, allora c’era uno lì, che era appunto… questo …… che ha preso un tedesco lì, l’ha buttato giù dalla finestra perché faceva il cretino! Ci prendeva anche in giro, ci prendeva!
Ma i fascisti dopo il 25 luglio sono stati reinquadrati nell’esercito? Sì.
E quindi alla fine prendevano anche loro venti centesimi? No, no, dopo c’hanno aumentato, anche dopo, perché eravamo mobilitati tutti noi altri. Eravamo già mobilitati per qualsiasi fronte! E allora c’han cominciato a dare cinque lire anche a noi altri giovani.
Lei era al Brennero in un punto di osservazione un po’ particolare. Dal 25 luglio sino ai giorni successivi all’8 settembre molte truppe tedesche sono entrate in Italia? Continuavano a entrare loro, continuavano a entrare. E un’altra ci siamo ribellati un po’, non volevamo andare prigionieri. Ci siamo ribellati ……
Ma prima che vi arrestassero avete visto passare tanti tedeschi? Oh! Un continuo passare dei tedeschi.
Voi avete segnalato che continuavano a passare? E abbiamo segnalato ben sì, ma il nostro comandante si è arreso subito ai tedeschi, il nostro generale si è arreso subito.
Come è arrivata la notizia dell’otto settembre? E c’era il comandante lì che diceva a loro: “Adesso siamo in mano dei... siamo prigionieri qui dei tedeschi ……”.
Come han fatto i tedeschi a prendervi? E ci han preso con una ramazza, si può dire; ci han preso, eravamo con loro noi altri, han fatto … nella nostra caserma han sparato due cannonate nella caserma perché noi altri non volevamo arrenderci, han sparato due cannonate e poi son venuti dentro a cominciare a picchiare della gente, a uccidere della gente ……
Hanno ucciso anche delle persone? Hanno ucciso anche dei nostri compagni. Anche durante il viaggio che abbiamo fatto dal Brennero a andare fino a Innsbruck l’abbiamo fatta tutta a piedi alla notte, quella lì. Coi tedeschi dalle parti, ogni tanto qualche nostro cercava di scappare e allora col fucile li uccidevano.
Torniamo un attimo indietro: ha detto che vedevate passare tanti tedeschi dal 25 luglio a settembre, ma voi prendevate nota delle truppe che passavano? No, non si prendeva nota, si vedeva così, quanti ne rientravano dopo i carri armati e rientravano …
All’8 settembre voi tentate una forma di resistenza, ma il vostro comandante … Il nostro comandante ha detto: “Bisogna andare a prender le armi e buttarle”. Le abbiamo buttate là per terra e allora ……
Tutti gli ufficiali erano d’accordo col comandante? Quasi tutti. E qualcheduno si voleva ribellare perché dopo gli ufficiali li han messi per conto proprio, loro.
No, no, non c’erano truppe tedesche lì. Erano fuori loro, i tedeschi.
Al Brennero sì, però erano in un’altra caserma.
Da quante persone era composto il vostro presidio? Settanta persone.
In tutta la caserma, in tutto il Brennero? In tutta la caserma.
Poi c’era la casermetta più in su. In quanti ci andavate? Alla casermetta in tre o quattro alla volta si andava su, quando si andava a verificare i confini.
Allora vediamo se ho capito bene: l’8 settembre i tedeschi arrivano, sparano due cannonate e il comandante … Il comandante si è arreso subito a consegnare subito le armi ai tedeschi.
Dopodiché vi radunano, vi tolgono le armi, e vi avviano verso Innsbruck. Quanto ci avete messo dal Brennero ad Innsbruck? Siam partiti alla sera che erano le dieci e siamo arrivati alle undici alla mattina. Tutto a piedi.
Si ricorda qualche episodio particolare o tentativi di fuga? Ci davano dei calci lì, perché tanti, poverini si buttavano per terra incapaci di camminare e allora ci davano delle sberle, dei calci …
Qualcuno è riuscito a scappare? Eh, qualcheduno è scappato, però uno era già sul vagone e si è buttato per terra, si è buttato giù, il laccio della scarpa era preso dentro un chiodo dal vagone lì e ha tagliato tutte e due le gambe. E l’han portato in Germania lo stesso.
A Innsbruck c’erano altri italiani prigionieri? No. Noi altri siamo stati i primi. C’han messo in una caserma là e abbiamo dormito fuori su dei sassi, lì, e io ho preso su una coperta, ma meno male che avevamo una coperta!
Cosa aveva messo nel suo zaino quando siete andati via dalla caserma? Nel mio zaino avevo dentro della roba, ma mi è toccato lasciar là tutto in caserma. Ci han detto: “Via, via, via!”.
Siete partiti soltanto con le cose che avevate addosso? Ho preso una coperta che almeno se facciamo il viaggio così , chissà i tedeschi dove ci portano e infatti ……
A Innsbruck chi vi controllava? La Wehrmacht.
A Innsbruck siamo stati lì una notte! Dopo c’han caricato sui vagoni ……
Era arrivata altra gente dopo di voi? Oh! Dopo continuavano a arrivare, dopo tutti i paesi che erano … tutti i paesi e tutte le città che erano di dietro a noi rientravano tutti i giorni! Siamo arrivati lì al campo di concentramento di Stettino che c’era un’erba tutta alta così e alla mattina …… Quando siete partiti da Innsbruck su che treni vi hanno caricato?
Quanto è durato il viaggio? Il viaggio è durato, dunque, tre o quattro giorni! Allora c’era tutta la ferrovia già bombardata, c’era……
Ogni tanto vi permettevano di scendere dai vagoni? Sì, si scendeva a fare i nostri bisogni, dopo invece ci è toccato a fare dei buchi nel vagone con un coltello, che avevamo un coltello, fare i buchi per andare a fare i nostri bisogni!
Su questo treno eravate soltanto voi settanta? Settanta per vagone.
Quindi si era aggiunta altra gente? Altra gente, dopo veniva altra gente e ……
A Stettino siamo stati impressionati, c’erano le baracche ancora della guerra 1915–18, c’erano ancora!
Sì, ma dopo gli ufficiali li han messi per suo conto.
E qualcheduno sì! Abbiamo trovato anche della gente là che son stati in mano ai russi e dopo sono scappati loro dai russi e son venuti lì con noi altri!
Sono scappati dai russi e sono finiti prigionieri dei tedeschi? Sì.
In quanti eravate a Stettino? Eravamo centocinquanta, duecento.
In tutto? Sì.
Quindi non eravate tantissimi? No, perché dopo ne han messi in altri campi di concentramento!
A Stettino c’erano solo italiani? Italiani, francesi e polacchi.
Erano militari? Sì, militari e anche c’era gente civile, anche.
Come vi hanno trattato nel campo di concentramento? Dove vi hanno messo? Quanto ci siete rimasti? Lì a Stettino c’era un campo d’aviazione da fare e c’han fatto subito lavorare. C’han fatto lavorare giorno e notte perché dovevano fare un campo di … un aeroporto, una pista per gli aeroporti.
Quindi appena arrivati vi hanno messo a lavorare? A lavorare subito.
Vi portavano fuori a lavorare e vi riportavano nel lager la sera? Sì.
Com’era la giornata tipo? A che ora vi facevano alzare? Alle sei alla mattina. Dalle sei alla mattina alle sei alla sera si lavorava. C’era solamente mezz’ora per poter mangiare qualche cosa.
Il posto dove dovevate lavorare era lì vicino? Sì, sì era lì vicino.
Come ci andavate? Tutti in raggruppamento, con le guardie che ci accompagnavano loro a lavorare…
Come erano le guardie? Eh, c’erano dei giovani e anche qualche vecchio, tutti tedeschi.
Si doveva portare dei sacchetti da scaricare. C’era un porto lì a Stettino: si scaricava il cemento e ci facevano portare i sacchetti, si mettevano giù per terra, lì passava una macchina, faceva l’impasto e dopo si copriva questa pista, si copriva alla notte perché il gelo era tanto forte e faceva freddo.
Sì, sì, facevano l’appello tutte le sere e anche alla mattina quando ci si alzava perché credevano che qualcuno scappasse.
Come facevano l’appello? L’appello: chiamavano i nomi, noi altri eravamo tutti fuori. E lì chiamavano i numeri, che noi altri non avevamo il nome là: c’erano solamente i numeri!
Dove vi hanno dato il numero? Il numero ce l’han dato subito. Era un piastrino che avevamo qui davanti.
Il numero lo chiamavano in tedesco? Sì, sì, sì.
Quindi avete subito dovuto imparare i numeri tedeschi. E già!
Dopo l’appello vi davano qualcosa da mangiare? Sì, ti davano un po’ di the lì, ti davano un po’ di the. Se avevi un pezzettino di pane lo mangiavi, ma il pane non … e ci davano una fettina di pane al giorno e basta. In mezzo al giorno ci venivano due o tre militari tedeschi e portavano lì quella sbobba lì: c’erano delle ciance di barbabietola cotte, delle carote, delle rape, quella roba lì.
Facevano prima l’appello o vi davano prima da mangiare? No prima facevano l’appello.
Era sempre uguale l’appello o c’erano le volte che durava di più? No, era sempre quello.
Quanto durava? Durava più di un’ora. Alla sera si faceva quando si andava dentro nelle baracche. Facevano mettere gli stivali o le scarpe, “quel ca gheum” (quel che avevamo) così e per terra fuori dalla porta!
Vi davano qualcosa da mangiare alla sera? Sì.
Erano scaldate le baracche? Sì, sì. Quelle lì erano scaldate perché avevamo il carbone e c’era una stufetta in mezzo alla baracca e ci mettevano dentro il carbone e c’era un bel caldo! Veramente!
In quel momento lì eravamo solamente italiani. Dopo han cominciato a venire anche, man mano che raccoglievano: polacchi, russi, francesi .
Vi mescolavano o vi tenevano separati?
Era riuscito in quel periodo a far sapere ai suoi dov’era finito? Ho fatto sapere subito! Perché io avevo una conoscenza lì vicino, una signorina che era alla posta lì, che c’andavamo tutte le sere a casa sua e allora l’ha fatto sapere subito a mia mamma. Lo sapeva già. E mia mamma mi ha spedito subito un pacco. Ho ricevuto il pacco, il primo pacco che ho ricevuto l’ho ricevuto il giorno di Santa Lucia.
A Stettino? Sì.
Ma no! Lo sapeva perché quando siamo partiti da lì gliel’han detto. Lei parlava la lingua tedesca bene e c’ha detto: “Questi qui portiamoli a Stettino”. E allora c’han dato anche il numero del lager.
Era già previsto quindi che dovevate andare a Stettino? E sì, e lei sapeva tutto.
Vi hanno anche fatto la fotografia a Stettino oltre a darvi il numero? Sì c’han fatto la fotografia col numero qui davanti e poi si doveva anche col dito fare le impronte.
Vi hanno dato altri documenti oltre alla piastrina? No, no. Anzi, dopo c’han dato il passaporto perché si poteva andar fuori.
Sì.
C’è stato qualcuno della Repubblica Sociale che è venuto da voi per farvi aderire? Sì, sì. Venivano lì tanti dicevano; è venuto lì un giorno uno dei fascisti e si andava … e si faceva la firma per andare coi fascisti, ti davano il pane, andavano in un altro posto e ci davano il pane, ci davano la pasta, ci davano di tutto. Noi altri abbiamo resistito. Resistito a dire: “No, no. Noi altri dopo non vogliamo andare a combattere contro i nostri”. Tanti li mandavano in Russia anche.
Avevate deciso di finirla con la guerra? Sì.
Qualcuno aveva accettato quelle condizioni?
La maggior parte cosa ha fatto? Ma la maggior parte non abbiamo aderito, noi altri.
A Stettino siamo stati lì un mese perché dopo si facevano altri lavori.
Quali? C’era un porto lì che si scaricava della roba dalle navi che arrivavano, lì a Amburgo.
Quali navi arrivavano? Le navi cariche di roba … che avevano bisogno.
Erano navi tedesche? Sì, sì navi tedesche.
E dopo ci destinavano in un altro posto. Sono stato anche dalle parti del Lussemburgo, lì.
Andiamo con ordine: da Stettino vi portano via tutti o soltanto il suo gruppo? Un po’ portavano via un po’ di noi altri, e un po’ li mettevano in un altro campo di concentramento.
Ha idea di come li hanno smistati e per quale motivo? Li hanno smistati secondo le richieste che avevano allora i tedeschi: il lavoro.
Lei dove è stato mandato? Io sono stato mandato subito a Hildesheim.
Sì.
Quanto c’è rimasto? Ci sono rimasto un mese … un mese e mezzo. Cercavano lì uno che faceva il calzolaio e ho alzato la mano io e m’han messo lì dove c’era la gente che doveva farsi aggiustare le scarpe e così eravamo … uno faceva proprio il calzolaio e ci aiutava lui ad aggiustare queste scarpe.
Questo a Forbach? Sì.
No, no, tutta roba di militari prigionieri.
Eh lavoravano in ferrovia quelli lì.
Quindi a Forbach riparavate le scarpe in modo che i prigionieri potessero lavorare? Sì, sì.
Prendevate dei soldi dai tedeschi? Niente. Niente, ci davano quei bigliettini lì, non so se lì avete visti, quei bigliettini di carta lì: quelli erano i soldi che ci davano.
Sì.
Ma si … ma c’era, davano fuori lì della batteria lì, ma fuori, fuori dai civili non si poteva adoperare quelle lì.
Ma potevate andare fuori dai civili? Siamo andati fuori dopo.
In quel periodo lì però non ancora? No, no.
C’erano sempre le solite guardie della Wehrmacht? Sì, sì.
Dove era il lager a Forbach? Era vicino alla ferrovia? Vicino alla ferrovia.
C’erano solo italiani? Sì, sì.
Le condizioni del lager erano uguali a quelle di Stettino? Sì, sì, sì. Le condizioni erano tutte uguali.
Anche le condizioni del vitto e del riscaldamento erano uguali? Sì, sì.
Vi hanno dato degli abiti? No, no, no. Eravamo ancora con la nostra divisa!
C’è qualche episodio particolare sia di Stettino che di Forbach che vuol ricordare? Non mi ricordo più niente.
A Forbach è rimasto un mese facendo il calzolaio? Sì.
Dappertutto facevano. Cercavano della gente che doveva andare nella Repubblica Sociale.
Avete avuto qualche assistenza dalla Repubblica Sociale? No, no, noi altri non avevamo niente assistenza.
Di norma, se uno riceveva qualcosa dall’Italia cosa succedeva? Lo teneva per sé o lo divideva con gli altri? Sì, sì. Io quando arrivava qualche pacco, così tra amici, una volta m’è arrivato a me e ho consegnato anche agli altri, come gli altri facevano con noi altri!
Cosa c’era dentro i pacchi? I pacchi potevano mandare li aprivano i tedeschi. Se eravamo là,
loro aprivano il pacco perché avevano paura che ci fosse anche
delle armi così!
Potevate scrivere a casa?
C’è stato qualche episodio di botte? Ah, ne abbiamo prese!
Anche lei? Avevano una gomma lì … ah sì!
Cos’è la gomma? Una gomma con dentro del ferro.
Picchiavano con quello? Eh, picchiavano con quello.
Ma per cosa picchiavano? Picchiavano per delle stupidaggini.
Sì, dappertutto.
Dopo Forbach dove è andato? Dopo Forbach sono andato … dopo sono andato a Hildesheim.
Come mai è andato a Hildesheim? Era finito il lavoro a Forbach? Forbach…dopo non avevano più bisogno, e siccome continuavano a rientrare sempre degli italiani, e allora facevano il cambio no ……
Anche lì vi hanno caricato sui soliti vagoni del treno? Sì, sempre i soliti vagoni.
E’ molta la distanza tra Forbach e Hildesheim?
Potevate vedere qualcosa dai vagoni? Sì, c’era un finestrino con il reticolato, e ci siam fermati lì a Berlino una notte, una sera, e siccome che c’era l’allarme han messo i … siamo andati fuori dalla ferrovia lì; e si sentiva della gente che parlava italiano! C’abbiam chiesto se c'era qualcheduno: “Avete qualche cosa lì che scaricate…”; e dice: “Non abbiamo niente da mangiare, c’è solamente dell’avena”; che davano ai cavalli. Tant’è vero che ce l’han portata un po’ lì, dai finestrini ci davano quest’avena, che tanti dopo han preso una colica che son morti a mangiare questa avena cruda …. Si faceva cuocere dentro a una gavetta: “La faum cous”; cuocere e così, dopo si faceva una peritonite e tanti morivano! Sui vagoni!
Facevate il fuoco sul vagone? No, no, nelle caserme.
A Berlino vi fermate in zona ferroviaria per una notte?
Sempre in treno? Sì.
E poi siete arrivati ad Hildesheim. Sì, siamo arrivati a Hildesheim.
Cosa ha trovato ad Hildesheim? Cosa ha visto?
Ma prima vi hanno portato in un lager? Sì, il lager era lì vicino alla fabbrica, da noi altri lì.
Quindi eravate già nel lager di fabbrica? Sì, sì.
In quanti eravate? Eravamo in centocinquanta, duecento,lì, tutti italiani.
Il lager era uguale agli altri? C’era qualcosa di diverso? No, no. Non c’era niente di diverso lì. Come trattavano lì trattavano dappertutto.
In che fabbrica lavorava? Dove facevano questi motori, questi pezzi di motore della V1 e della V2.
Quindi non si producevano semplicemente aerei? No, erano anche pezzi di aereo, pezzi di motore di aereo.
Come facevate a sapere che erano pezzi di aereo o della V1 o della V2? Ce lo dicevano allora i tedeschi: “State attenti che qui ci sono ……”.
Quindi era una fabbrica per la produzione bellica. C’era qualche dispositivo di sicurezza in più? Non c’era niente.
Solo gli italiani lavoravano in fabbrica? No, c’erano anche tedeschi, c’erano anche civili tedeschi, e poi c’erano dentro ucraini, francesi. Eravamo un misto di gente ……
Era grossa la fabbrica? Era grossa sì!
Più o meno quanta gente ci lavorava? Duecento persone.
Quindi tutti gli italiani del campo lavoravano lì? Sì, sì, sì. Tanti dopo sono stati mandati in altri posti dove lavoravano in agricoltura. Quelli che lavoravano in agricoltura stavano bene perché da mangiare ce ne avevano là.
Voi mangiavate in fabbrica? No, no, no. Noi altri si prendeva solo un pezzettino di pane, quel che avanzava e così se ce n’era. Altrimenti io avevo… dove c’era il reticolato fuori c’era la campagna e c’erano le barbabietole e si andava a prenderle. Alla notte passavamo sotto i reticolati, così si prendevan delle barbabietole e si facevan cuocere in un posto del forno, dove si faceva l’alluminio.
No. Dopo han visto che non c’era niente da fare e allora non son più venuti a domandare.
In che periodo siamo quando arrivate ad Hildesheim? A Hildesheim è stato dunque, dodici mesi. Quasi un anno dentro lì.
Ma in che periodo è arrivato? Era inverno. C’era la neve.
Era già il ’44? Sì.
Sapevate come stava andando la guerra? E delle volte c’era uno lì che, un nostro amico che aveva un’apparecchino, sentiva Radio Londra che diceva che la guerra … che gli americani continuavano a venire avanti.
Cosa vuol dire un apparecchino? Come una radio transistor; ma era fatta solo con dei pezzi così…di fortuna.
“A ghera anca” (c’erano anche) le SS.
Che funzione avevano le SS? Le SS aveva funzione che se qualcheduno trasgrediva doveva
fare la fucilazione o l’impiccagione.
Dopo questo fatto me lo racconta più precisamente. Si tratta del bombardamento di marzo del ’45? Sì, sì. Quello lì.
Che cosa faceva in fabbrica? Io ero al forno. Io ero al forno che buttavo i … quando … i pezzi che non andavano bene, passavano ancora a farli nei forni lì; forni … che c’erano i forni …li rifondevano.
Che materiale usavate? L’alluminio! Quello pesante!
C’è stato qualche episodio di sabotaggio? No! Era impossibile fare sabotaggio lì. Perché c’era il controllo dei tedeschi che controllavano la roba.
Quanto durava il lavoro in fabbrica? Dodici ore. Tutti i giorni.
Anche la domenica? No la festa, no. Non si lavorava. C’era solamente quel giorno lì di riposo.
Cosa facevate durante il giorno di riposo? Allora c’avevamo il nostro cappellano, che lì nella baracca abbiamo fatto come una chiesetta, e il nostro cappellano poteva andar fuori! Lui andava in questo campo di concentramento, poi poteva andare in un altro e ogni tanto veniva lì a portarci del pane, perché lui aveva conoscenze in città.
Anche ad Hildesheim c’erano i soliti appelli alla mattina? Eh sì. Sì sempre!
Tutto il tempo. Poi siamo stati lì anche dopo la liberazione.
E’ stato liberato ad Hildesheim? Sì, sì Hildesheim.
Ci sono stati altri bombardamenti, oltre a quello famoso del marzo ’45? Sì!
Cosa succedeva quando c’era il bombardamento? Eh, si scappava dove si poteva! Ci lasciavano liberi e …
Anche quando eravate in fabbrica? Anche in fabbrica. In fabbrica avevamo il nostro rifugio dentro.
Potevate andare in un rifugio? Sì.
Assieme ai tedeschi? Insieme ai tedeschi.
Vi è capitato di andare nel rifugio? Sì.
Come era fatto questo rifugio? Era come una caverna. Era fatto con tutta la terra sopra per non far vedere che … poi c’erano i segnali che non potevano bombardare lì; perché facevano i segnali sul tetto della fabbrica, con loro della Croce Rossa, non potevano bombardare ……e invece lanciavano bombe anche lì.
Ma perché non potevano bombardare? Perché dicevano così che poi quando c’è la Croce Rossa non potevano bombardare perché c’erano, mettevano fuori questi perché dicevano che era: “Ospedale”.
Era una fabbrica che si truccava da ospedale? Eccola.
Cioè sulla fabbrica avevano messo i segnali della Croce Rossa? Sì.
E quindi loro pensavano che non avrebbero bombardato?
Com’erano questi bombardamenti, a che ora avvenivano? Avvenivano a qualsiasi ora. Si sentiva quando arrivavano gli apparecchi, rimandavano i caccia davanti e di dietro c’erano i bombardieri. Si sentiva perché erano tanti gli apparecchi che venivano.
C’era la contraerea? E c’era la contraerea che continuava a lanciare contro a questi apparecchi. Uno è stato buttato giù lì da noi altri, si è salvato con il … si è buttato con il paracadute, un americano nero.
Ha visto se è stato preso? Eh, è stato preso.
E’ venuto giù dove eravate voi? No, no, no in un altro posto, quasi vicino.
Potevate sempre andare nei rifugi? Eh sì, ci mandavano loro.
Niente, niente.
Potevate però uscire un po’ di più? Sì, sì, uscivamo in città che non si trovava niente! Non avevamo … non avevamo i soldi. Uno che aveva i soldi italiani poteva spendere qualche cosa, ma a noi altri ci davano quei pezzettini di carta triangolari lì che non si poteva prendere niente. Dopo sì, quando siam passati … dopo ci davano i marchi.
Quando siete passati civili vi pagavano in marchi?
Ma vi pagavano come gli altri operai?
Vi pagavano uguale agli operai tedeschi? Quasi.
Sì, ma … si poteva e dopo, tanti li han versati quando siamo arrivati qui in Italia. Li abbiamo versati alla banca.
Dal settembre ‘44.
Ad Hildesheim è venuto anche Mussolini? E’ venuto lì vicino.
Cosa era venuto a fare? Era venuto per chiedere a noi altri: “Vedete che siete trattati bene ……”.
Ma era venuto per parlar con voi? Con gli italiani? Sì, sì, sì … parlava, eravamo quasi vicini lì a lui: “Venite in Italia nella nostra Repubblica che vedrete che state bene, vi trattiamo bene”.
Sì.
C’erano tanti italiani? Eravamo duecento, duecentocinquanta.
E’ venuto apposta per parlare con voi? A parlare di aderire alla Repubblica di Salò.
Con chi era Mussolini? C’era un grande ufficiale lì della Wehrmacht.
E poi se ne è andato?
Ha convinto qualcuno? Eh, qualcheduno l’aveva convinto.
Dove andavate quando il bombardamento capitava prima del vostro arrivo in fabbrica? Scappavamo fuori! Ci lasciavano abbandonati e così….
Quando siete passati civili potevate girare un po’ per la città? Sì, sì, sì, solamente la città.
Come erano i rapporti con i civili tedeschi? Mah capperi! Delle volte passavano lì e ti sputavano in faccia. Ti davano dei calci, i bambini.
Anche in questo periodo niente pacchi? Niente. Ma dopo siccome che noi, che siamo stati con gli americani; quando eran venuti gli americani io lavoravo lì con loro, e lì c’era di tutto da mangiare.
Certo, dopo la liberazione, quando arrivano gli americani cambia la situazione. Arriviamo al famoso bombardamento del marzo: quello in cui viene bombardato il treno della Croce Rossa alla stazione di Hildesheim. Mi racconta bene cosa succede? Succede che lì, guardavano cosa c’era dentro in questi pacchi così, e dicevano, allora i tedeschi ci dicevano: “Prendetene su che ne mangiate voi altri”.
Sì, ma loro facevano apposta per eliminarci, no!
Sì, di sgombrare.
Quindi non vi mandavano in fabbrica e vi mandavano a sgombrare? Mi mandavano a sgombrare dove c’erano questi bombardamenti. E i civili, che c’erano i civili morti, portarli fuori…un lavoro da cane.
Invece quella volta lì vi hanno portato alla stazione perché la stazione era stata bombardata? Ecco.
E il treno era della Croce Rossa?
E vi hanno invitato a prendere … E prendevamo su della roba, no!
Che roba era? Era roba da mangiare, dei pacchi che arrivavano dalla Croce Rossa Americana.
Cosa c’era dentro da mangiare? Ma c’era di tutto: sigarette, cioccolata! C’era di tutto, loro avevano, era la Croce Rossa Internazionale invece noi altri han mandato solamente un anno delle gallette, la nostra Croce Rossa Italiana, delle gallette ancora che si mangiava in tempo di pace.
Quindi i tedeschi vi hanno invitato a prendere quello che c’era.
Tutti si sono messi qualcosa in tasca?
Dove vi facevano il controllo? Fino a dentro nelle baracche!
Cioè il controllo ve l’hanno fatto nelle baracche? Sì.
E vi hanno trovato queste cose? Sì.
Erano gli stessi soldati che vi avevano fatto prender le cose? Sì, sì, sì! I medesimi! Facevano così per farci eliminare!
A quel punto quindi, tanti soldati italiani avevano tirato su qualche cosa? Sì! Quasi tutti quelli che lavoravano lì.
E c’han messo, alla mattina quando facevano l’adunata lì, prendevano i numeri che avevamo su quel piastrino lì e ci mandavano in piazza lì, dove c’erano ……
Vi hanno mandato in piazza solo quella volta o è successo anche altre volte? No, succedeva altre volte! E là si doveva andare a vedere quelli che stavano … che impiccavano. Dovevano farsi vedere!
Quindi erano già successe cose di questo genere? Sì, sì.
Per che motivo erano stati impiccati gli altri? Per quelli lì!
Sempre per lo stesso motivo? Sì.
Quindi della gente era già stata impiccata perché avevano raccolto qualcosa. Quella volta lì, però, sembra che i tedeschi vi permettano di tirar su le cose e quindi voi siete tranquilli e le tirate su? Eh, noi altri eravamo tranquilli. Noi, ce lo dicono loro, invece facevano apposta per farci eliminare, per farli impiccare.
Quando impiccavano la gente in piazza, facevano venire tutti i prigionieri? Tutti i prigionieri. Prigionieri e anche civili arrivavano. Chiamavano i civili per farsi vedere, farsi vedere che loro impiccavano la gente, che dicevano che era la gente che disturbava.
Erano le SS?
Erano di tutti i tipi i tedeschi che erano presenti?
Cosa vuol dire? E non volevano che facessero queste cose.
C’era qualche tedesco che si opponeva?
E come faceva ad opporsi?
Gridava qualcosa? Sì.
Quanti eravate in piazza? Eh, eravamo cento, centodieci.
Tutti italiani? Quasi tutti.
Sapevate cosa stava succedendo? Eh, sapevamo cosa stava succedendo! Ma noi altri si sapeva perché …… era già successo, quelli che entravano dentro così lo dicevano, e allora ci spiegavamo tutto!
Avete pensato a qualche forma di reazione?
L’avete malmenata? Eh!
Questo dopo la fine della guerra?
Li avete denunciati? Eh, li abbiamo denunciati agli americani e loro ci dicevano: “Fate questo qua”.
Dunque, vi hanno portati verso questa piazza, praticamente eravate rassegnati? Sì.
C’era un tedesco lì, che dava ordine a noi per l’impiccagione.
Cosa succede? Vi chiamano, vi mettono in fila? Ci mettevano in fila e chiamavano i numeri: il numero tale, numero, magari: “708, 600, 500”. Chiamavano i numeri e lì dovevi andare. Quando era uno già impiccato, dovevi slacciarlo dalla catena, adoperavano le catene per impiccare, e poi dopo ne mettevano su un altro. Dovevi metterti su e metterti te la catena al collo.
Qualcuno ha reagito? Qualcuno ha cercato di scappare? Ah, non c’era … non c’era la reazione lì. Tutta gente che piangevano man mano che andavano sotto, poverini, lì ……
Ad un certo punto toccava quasi a lei? Lei era con T.? Eh, ero con T.
Cosa succede? Succede che … meno male che dopo ha suonato, c’è stato l’allarme e loro son scappati e c’hanno abbandonati così.
I tedeschi sono scappati e siete rimasti solo voi sulla piazza? Sulla piazza!
Quanta gente era già stata impiccata? Ma … una quarantina.
E allora lei cosa ha fatto? E siam scappati …… Ma eravate legati? No, no, no, no, non eravamo nessuno legato.
E cosa è successo? Cosa ha fatto lei? Si doveva staccare quello che era impiccato, e poi mettersi la catena al collo. Lì veniva il boia, e c’era uno sgabello, veniva il boia e davano un colpo allo sgabello, così restavi lì.
Ma lei cosa ha fatto quando sono scappati tutti? E sono scappato anch’io dopo.
Dove è scappato? In mezzo alla campagna.
Si è rifugiato in campagna?
Quanto è rimasto lì? Sono rimasto lì cinque o sei giorni.
E poi? Durante il bombardamento lì. Perché dopo sono andato su, su una collina lì, e c’era della paglia e mi sono messo lì … nel lavorare; così ho trovato un tenente dei nostri lì che era, lo conoscevo e ci ho detto: “Ei! Vah che è cessato l’allarme!”. Non rispondeva, era già morto quello lì. Morto dallo spavento.
Dopo dove è andato? Siamo tornati in caserma nelle baracche, ancora dopo.
Non avevate paura di essere impiccati? No.
Perché?
I tedeschi si erano dimenticati dell’esecuzione?
Sì.
Come ha fatto a scappare? E son scappato perché tutti ci hanno abbandonato, tutti lì,
e allora siccome che si sentiva già le cannonate degli americani
che venivano su, e allora si scappava chi da una parte chi dall’altra.
Il campo di concentramento.
In Russia? Sì.
Ma quello lì è successo nel ‘44.
Da Hildesheim.
Come aveva fatto a scappare? Era scappato da solo? No, no eravamo in due o tre. Siam scappati e c’han messo su un vagone di carbone e lì siamo arrivati fino a qui in Austria.
Ma è stato facile salire sul treno?
Verso l’Austria.
Però ad un certo punto siete scoperti?
Mauthausen non era un lager come i vostri, era ben peggio! Sì, sì il nostro era peggio.
Era peggio di Mauthausen? Sì: Mauthausen era peggio! Lì c’erano i ……
Cosa ha visto? Cosa le hanno fatto fare? Cosa m’han fatto fare, facevo quel lavoro lì con un carrettino, caricavano tutti quelli cremati lì e si buttavano dentro nelle buche comuni.
Quindi lei lavorava presso i forni crematori? Sì.
Quanto è rimasto lì?
Aveva contatti anche con gli altri prigionieri? Sì, sì. C’erano bambini e c’era di tutto: ebrei … di tutto.
Lì era tutto sotto il comando delle SS? Sì.
Le hanno dato un numero di matricola a Mauthausen?
Le hanno dato un nuovo numero di matricola? No, no sempre lo stesso. Io avevo una cordicina con dentro questo piastrino …
Dove dormiva a Mauthausen?
Con gli altri prigionieri? Insieme ai suoi amici della fuga? Sì.
Poi, dopo neanche una settimana, l’hanno chiamata? Sì.
Anche i suoi amici? Sì.
Quelli che erano scappati con lei? Sì.
Cos’era successo? Niente!
Dove l’hanno rimandata? A Hildesheim.
Le hanno fatto un interrogatorio?
A Mauthausen? Sì.
No, dov’eravamo a Hildesheim, lì, c’erano anche dei civili che portavano pezzi di pane, portavano insomma qualche cosa.
Questo era l’atteggiamento dei civili ad Hildesheim?
Allora, facciamo un passo in avanti e arriviamo all’ultima parte: la liberazione. Ha detto che incominciavate a sentire il bombardamento? Sì.
I tedeschi scappano? I tedeschi scappavano!
Vi liberano gli americani?
Vuol dire qualcosa sul periodo passato con gli americani? Con gli americani si stava bene. Dopo sono venuti gli inglesi. Gli inglesi erano peggio dei tedeschi! Ci trattavano da cani gli inglesi!
Non ci davano mica tanto da mangiare, anche delle botte ci davano ……
Quanto siete rimasti lì prima di tornare in Italia? Siamo stati, dunque …… siamo stati liberati in luglio …
Quando è stato liberato indossava ancora i vestiti della partenza? Sì, sì, sì.
Quanti chili pesava? Mah, trentacinque, quaranta chili.
Ha avuto qualche malattia? No niente, malattie niente.
Nel caso in cui si fosse fatto male, cosa succedeva? Eh, si poteva curare, perché c’erano i dottori tedeschi là e curavano anche loro. Se uno aveva bisogno di andare all’ospedale, lo mandavano in ospedale.
Il rientro in Italia è avvenuto su una tradotta?
Quando è tornato in Italia? In agosto. Siam partiti al quindici agosto e siamo arrivati al ventisette, vent’otto qui in Italia, perché c’erano tutte le ferrovie tutte rotte, e … toccato a fare il giro il treno …
I suoi l’aspettavano? No, non m’aspettavano per niente. Io sono arrivato a casa … sono arrivato, però avevo mandato una cartolina il giorno prima, un po’ di giorni prima, ce l’ho detto a mia mamma: “Sono stato liberato. Adesso a giorni forse veniamo in Italia”. Invece han tardato perché si era da fare la quarantena per le malattie, a fare delle cure.
L’hanno interrogata? No.
Mah no, niente.
Ha ripreso a fare il contadino? Si!
Eh, c’erano dei cambiamenti no!
In bene o in male? Ma … in bene e un po’ anche in male. In bene, insomma, che ero libero! E in male perché c’era poco … c’era poco da mangiare, perché c’erano le tessere e mica le tessere.
Un’ultima considerazione sul lavoro coatto e la deportazione in Germania: le rimane un po’ d’amarezza dentro? Ma no. Io non ho avuto nessuna amarezza, solamente per quei ragazzi che son rimasti là, poveretti, morti là in Germania. |
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