Como, 17 luglio 2003
Intervista al sig. R. Giuseppe, Appiano Gentile, 1924
Soldato semplice del V Alpini “Morbegno”, IMI
Catturato a Merano, Deportato allo Stammlager VIII B, nei pressi di Ebenrode, lavoratore coatto in Oberslesia e poi a Wattenscheid (ferrovie).

 

Lei è del 1924. Ha visto la guerra nel momento in cui era molto giovane. Ci dà un quadro del periodo preguerra, della sua famiglia, del suo atteggiamento verso la scuola, il fascismo?di quello che ha fatto prima di essere chiamato alle armi?

Io ho fatto la quinta elementare; a diciannove anni e quattro mesi sono stato chiamato il 28 agosto del ‘43, e al quindici di settembre sempre del ‘43, ero in campo di concentramento.

 

Quindi una vita militare molto breve…

Molto breve.

 

La sua famiglia, che atteggiamento aveva verso la guerra, verso il fascismo? Lei come viveva quel periodo?

Devo dire che, da parte dei… sia del papà che della mamma, non è mai stato iscritto nessuno al partito. Era gente tranquilla, non disturbava nessuno, e di conseguenza non hanno mai avuto problemi. Io ho dovuto fare il premilitare questo sì, ho fatto anche un po’ il corso di marconista, ma siamo stati chiamati a militare, ero nei primi sei mesi del ‘24 e di conseguenza il 28 di agosto io son partito.

 

La sua famiglia che origini aveva? Suo padre cosa faceva?

Mio papà, come lavoro era calzolaio, però, allora faceva… tutti i fratelli di mio papà e i parenti sono tutti calzolai, ma si son messi a fare il contadino. Avevano una piccola proprietà e lavoravano quella poca campagna. Magari qualcosa in affitto…

 

Quindi nel ‘24 lei viene chiamato alle armi. Dove viene chiamato?

Mi sono presentato a Como al distretto, da Como c’han mandato a Lecco, a Lecco ci hanno messo in tenda su a San Michele, e da lì sìamo scappati a casa.

 

Che Reparto era? Che Divisione era?

5° Alpini, Morbegno. Siamo stati a casa due giorni, quando siamo arrivati su a San Michele a Lecco, ci hanno imbarcato per Merano.

 

Qui siamo ancora prima dell’otto settembre?

Sì, sì: prima dell’8 settembre. Ci han mandato a Merano, dopo otto giorni siamo rimasti in mano ai tedeschi.

 

Lei è andato a militare in agosto, c’era già stato il 25 luglio, il fascismo era finito. Si ricorda qualcosa del 25 luglio?

Beh: il 25 luglio si parlava che era finita, ma cosa vuole, era una cosa che non tutti… specialmente i giovani… non si riusciva a capire cosa succedeva!

 

Non avevate un’idea che la guerra era finita, che non sapevate più con chi combattere? Com’era l’impressione andando a militare? Che idee vi eravate fatti?

Si andava a militare, infatti la sera dell’otto settembre, ricordo un capitano, … era … sì: era del Tirano, e quello verso le nove e mezza, dieci di sera ha fatto il giro delle camerate dicendo: “Ragazzi non pensate che sia finita!”

 

Questo dopo l’annuncio dell’8 settembre?

E infatti, al 12 settembre, c’han fatto fare Merano Bolzano, ci hanno messo in tradotta …

 

E’ successo qualcosa in quei giorni lì?

In quei giorni gli anziani scappavano, però bastava un giovane di quindici anni con una carabina in mano, che li riportava in caserma.

 

Chi li riportava in caserma?I civili?

I civili!

 

Cioè i civili riportavano in caserma i militari che scappavano?

Sì, sì!

 

Ma questi civili erano…

Gli abitanti dei paesi… Merano, tra Merano e Bolzano.

 

Quindi fondamentalmente abitanti di lingua tedesca.

E sì eh! …

 

E c’è stato anche qualche tentativo di impossessarsi dei beni della caserma da parte della popolazione?

Nooo …

 

Distribuzione di armi?

A meno che l’han fatto dopo … dopo che siamo …

 

Distribuzione di armi dopo l’8 settembre?

No, no, le armi sono state depositate, ammucchiate in cortile e basta.

 

Subito?

Subito.

 

L’otto settembre?

Sì, si. Ma noi non … sì avevamo il moschetto però… però non avevamo armi.

 

I vostri ufficiali sono rimasti lì?

E beh, a fianco a noi c’erano l’Artiglieria Alpina e quelli hanno avuto l’ordine: “Chi sapeva andare, di andare”. I nostri invece hanno armato ufficiali e sottoufficiali e non lasciavano uscire.

 

I tedeschi arrivano di colpo o erano già in zona? Si sono fatti precedere da qualcosa?

Quando siamo andati a Merano, le posso dire che Bolzano era già guidato da tedeschi, vigili … tutto.

 

Voi eravate in una zona in cui, dopo l’otto settembre incominciano a scendere anche molti tedeschi che arrivano dalla Germania: molti treni che passano, molte …

Sì, ma non è che si vedeva troppo movimento eh! Perché chiusi dentro in caserma, cosa vuole, non sì vedeva niente!



I tedeschi come fanno a disarmarvi?

Sì, sì, sono entrati così, ma non c’è stata resistenza.

 

Quanti soldati erano rimasti più o meno?

Non ricordo bene lì che quantitativo eravamo, però tra la caserma del 5°, tra l’Artiglieria Alpina e il 18° Fanteria, penso che in 10 mila eravamo.

 

Questo a Merano?

A Merano.

 

E vi hanno portato a piedi fino a Bolzano?

Sì, sì.

 

Incolonnati eccetera. Le armi ve le hanno tolte tutte. anche le armi personali?

Ah sì: ma quello… non c’è stata nessuna resistenza.

 

E vi siete portati via tutte le vostre cose, avete riempito gli zaini?

Sì, però sotto direttiva degli anziani, tutto quello che avevamo… si teneva il cambio, e basta. La rimanenza è stata buttata via, coperte o non coperte, tutto!

 

Poi vi sarete pentiti dopo!

Perché... e va bè però avevamo trentadue, trentacinque chilometri da fare eh? E gli anziani sapevano benissimo cosa voleva dire: e infatti guardi che… facciamo otto, dieci chilometri di strada, il 18° Fanteria, sì erano carichi, però cadevano per terra con lo zaino in spalla!

 

Eravate molti giovani?

Sì, sì, la stragrande maggioranza tutti giovani.

 

Vi incolonnarono a Merano e vi portarono verso Bolzano

Sì, sì.

 

Ci dica qualcosa di Bolzano, perché il campo di Bolzano è stato importante, campo di transito, di raccolta.

No, no: ma noi non siamo entrati in campo! Ci hanno portati direttamente alla tradotta, direttamente in stazione, in tradotta e via: carri bestiame!

 

Tutti e diecimila?

E sì!

 

Un’unica tradotta? No… probabilmente no.

E … adesso quante tradotte erano non lo so!

 

Comunque è salito sulla prima?

Quello non lo so.

 

Carri bestiame chiusi dentro: quindi stipati dentro.

Sì, sì.

 

Erano carri chiusi o carri aperti?

No, no, tutti chiusi! Aprivano una volta ogni ventiquattro ore per chi aveva dei bisogni da fare, ma altrimenti sempre chiusi.

 

Vi hanno detto dove vi portavano? Lo sapevate?

Ah no, non si sapeva niente!

 

C’è qualche episodio particolare che…

Qualcuno tentava di scassinare, di vedere di scendere mentre viaggiava il treno, però …

 

E prima qualcuno aveva cercato di scappare durante la marcia o a Bolzano stesso?

Beh! Durante la marcia era un po’ difficile perché c’erano guardie abbastanza, ma quando eravamo in caserma qualcuno scappava, però veniva riportato.

 

Vi hanno caricato sulla tradotta quindi… e quanto è durato il viaggio?

C’abbiamo impiegato tre giorni e tre notti ad arrivare, perché siamo arrivati in campo di concentramento al giorno quindici; allora abbiamo capito com’era la faccenda.

 

Dove siete arrivati?

Io sono arrivato all’VIII B

 

Subito?

Sì.

 

L’VIII B che è?

Eh … non lo so bene, mi sembra Ebenrode, mi sembra, non son sicuro; perché i nomi …

 

La tradotta era stata divisa o è arrivata tutta assieme lì?

Quello è un po’ difficile! Capire se tutti quelli che son partiti da Merano erano in quel campo è un po’ difficile.

 

Quanta gente c’era in questo campo? C’erano già altri prigionieri prima che arrivaste voi? C’erano solo italiani?

Sì, sì, lì eravamo solo italiani.

 

Mi dà una breve descrizione del campo e anche cosa è successo lì, se vi hanno schedato; vi hanno fotografato?

Sì! La fotografia, ognuno il proprio numero, ricordo io ho ancora il piastrino, ho ancora la piastrina, 166 mi sembra.

 

Vi hanno chiesto se volevate combattere con la Repubblica Sociale?

Ecco, quello l’han fatto una domenica mattina, han fatto un palco in un cortile, ci hanno inquadrati a cinque per cinque, plotoni da cinque, allineati da cinque, ma il plotone diverso, tutto in giro questo palco, e c’era un signore che parlava l’italiano, diceva di firmare per loro, lavorare con loro che c’avrebbero mandati in Italia e via, e a nome di tutti gli ha risposto un Ammiraglio di Marina.

 

Ma quindi c’erano anche ufficiali con voi?

Sì, sì, sì .

 

In quel momento lì in questo campo c’erano sìa soldati che ufficiali, non li avevano ancora divisi?

No, no.

 

E prima mi stava dicendo che c’erano già dei prigionieri?

Questo Ammiraglio di Marina non so se è partito con noi da Merano o se invece era già ……

 

Erano solo italiani?

Sì, lì eravamo solo italiani. Tanto che quelli che avevano la Campagna di Russia, cercavano di camuffarla, di tirarla via, di non far capire… perché avevano chiamato quelli che avevano fatto la Russia… Ed era stato lui che li invitava : “Uscite pure perché non possono farvi niente!” diceva, questo ufficiale, questo Ammiraglio di Marina. “Comportatevi come dovete comportarvi, che non possono farvi niente!” E questo qui ha fatto un po’ da portavoce in tutte le cose; però io l’ho rincontrato dopo tredici mesi… era malmesso!



Com’erano le condizioni di vita in questo campo?

Beh guardi: il mangiare non lo so cosa sì mangiava; brodo che sembrava che c’era un po’ di semi di erba, e così … lungo. Come prendere, forse lei sa la pastina, quella tipo chicco di riso, ma proprio lunga, lunga, lunga! E la fame era …… Dopo due mesi quando ci han spostati e siamo andati in Nord Slesia, abbiamo fatto settantadue-settantaquattro ore in tradotta senza prendere la minima cosa.

 

In questi due mesi sono arrivati altri italiani ?

No, lì no, lì no.

 

Quindi eravate rimasti voi che eravate arrivati con questo gruppo, quelli che c’erano prima..…

Perché lì secondo me ne prendevano… non so oggi duecento, domani trecento, li distribuivano, e quando noi ci hanno spostati, siamo andati in Oberslesia, in una miniera, che poi io in miniera non sono andato sotto …

 

E’ riuscito a capire qualcosa relativamente ai criteri di distribuzione?

Si, ecco era un centro di smistamento, per conto mio

 

Era un centro di smistamento: ma avete capito come venivano distribuiti gli uomini?

Sì.

 

Avete capito il meccanismo?

C’era gente che andava dai contadini.

 

Già subito lì?

Sì, sì.

 

Vi avevano detto che dovevate lavorare?.

Sì, sì . Malgrado non è stato firmato, però c’han fatto lavorare ugualmente!

 

Lì che cosa succedeva?

Dove ci spostavano, là c’era già un piccolo campo dove c’erano baracche di legno, dove si dormiva, quando era sera chiudevano …

 

Stiamo parlando già della Slesia?

Sì.

 

No dicevo prima, nel primo campo: c’era già distribuzione di lavoro o soltanto…

No, No, No. Lì no.

 

Vi hanno tenuto lì fin quando poi vi hanno mandato …

A meno che arrivava qualcuno a chiedere, non so: dieci, venti persone, e davano le persone, andavano in campagna …

 

Subito questo?

Sì, sì.

 

Qualche episodio del primo campo, qualcosa che ci dia l’idea di com’era?

Beh, gli episodi vengono sempre, c’è sempre la testa calda che si ribella; però sì faceva una brutta fine. Ribellarsi voleva dire…voleva dire perdere in salute e quello che … perché loro avevano la Compagnia di disciplina, quando uno si ribellava lo mandavano alla Compagnia di disciplina; e là…..

 

Erano botte?

Erano botte sì!

 

Poi veniva chiuso in qualche posto in isolamento?

Ma là li chiudevano senz’altro!

 

Dal punto di vista sanitario eravate assistiti da qualcuno? Stiamo parlando del primo campo.

C’era un’infermeria, che se uno aveva qualcosa… Io per esempio ho fatto tredici mesi… foruncoli in tutte le parti del corpo, e c’era un’infermiere qui di Sant’Ambrogio, Campo Dei Fiori, di Varese, ed era lui che faceva infermeria.

 

Parliamo della Slesia adesso; quindi un certo giorno, dopo due mesi che eravate al primo campo, vi hanno messo su questa tradotta, settantadue ore di tradotta senza darvi da mangiare, hanno aperto perlomeno le tradotte?

Non hanno mai aperto.

 

Siete arrivati in alta Slesia: quindi verso la Polonia ……

Verso la Polonia. Infatti eravamo proprio al confine perché la Polonia ….

 

Stavamo dicendo, al confine con la Polonia.

Si alle porte di Katowice.

 

Qui ha detto che fondamentalmente il lavoro a cui erano indirizzati i prigionieri era il lavoro in miniera?

Carbone, lavoro in miniera, andavamo a una profondità dagli 800 ai 1200 metri.

 

Questi facevano il lavoro più duro!

Quelli che andavano in miniera era pericoloso. Ma io ho avuto la fortuna… Ero fuori, sopra la miniera, a pala e picco. In officina c’era uno di Lecco, un certo Bernard, che era del quindici, ma lui ha sempre lavorato in ferriera e l’han messo in officina. Un giorno, vedendolo saldare con ossigeno, non sapeva saldare, io invece lo facevo già all’Isotta Fraschini, e allora dicevo tra di noi: “Ma guarda che non devi fare così, ma devi fare così”. Stavo facendogli vedere, in quel mentre è passato il capofficina, s’è messo lì, ha guardato come ho fatto la saldatura, poi ha voluto il numero, ha telefonato al campo in baracca noi dicevamo, e il giorno dopo io son passato in officina.

 

Non m’ha detto che aveva lavorato all’Isotta Fraschini.

Sì ho lavorato all’Isotta Fraschini a Saronno.

 

Quindi quando è entrato all’Isotta Fraschini? Facciamo un passo indietro.

Sono entrato nel ‘42.

 

Nel ‘42 quando aveva diciotto anni?

Diciotto anni.

 

E cosa faceva all’Isotta Fraschini?

Ero in reparto elettricisti.

 

Fra la fine del ’42 e la primavera ‘43 nelle fabbriche del nord Italia ci sono anche degli scioperi per le condizioni di vita

Nel ‘43? No.

 

Forse all’Isotta Fraschini no, però già alla Fiat e in altre fabbriche grosse c’erano già delle agitazioni, lei non ha sentito niente?

No … allora no. Lì all’Isotta Fraschini… Dopo il ‘45 sì. Perché io sono rientrato in Fraschini il ‘45 a fine settembre, sono rientrato il 15 …

 

E comunque non c’erano stati momenti di sciopero, iniziative contro il regime, contro la guerra, non c’era stato nulla?

No. La cosa che ho trovato io quando son rientrato in Fraschini, è che quando sono andato via avevo un capo reparto e un capo squadra; quando son rientrato, avevo il caposquadra che era diventato caporeparto e il caporeparto non c’era più. Con la diversità che il caposquadra, quando sono andato via portava lo stemma del fascio, quando son tornato portava la falce e il martello; e siccome io avevo fatto due anni in Germania con i russi, ecco, con lui io non ho mai potuto avere dei rapporti buoni perché lui non poteva dirmi una cosa per un’altra! Io l’avevo vissuta, e avevo visto, poverini!…

 

I russi dove li aveva incontrati?

In Polonia: in Oberslesia. E loro li mandavano sotto, e li mandavano giù sull’ascensore, senza mettergli i ripari! Perché l’ascensore portava o persone o carbone.

 

Quando portavano le persone mettevano i ripari?

No! Quando andavano giù i russi, non mettevano nemmeno i ripari!
Si agganciavano uno con l’altro, perché andava a una velocità l’ascensore, non indifferente… Guardi che fare 800-1000 metri impiegava un minuto,un minuto e mezzo, andava a una velocità enorme!

 

I russi erano alloggiati dove eravate alloggiati voi?

Sì, in baracche come noi; no, non assieme, ma in baracche come noi.

 

Era lo stesso campo diviso?

Sì, diviso.

 

Eravate in baracche, come prima?

Sì, sì.

 

Più o meno le stesse baracche, era più freddo in Polonia?

Beh, come clima eravamo lì; perché d’inverno una grande neve no, però una tormenta enorme.

 

Il mangiare era sempre lo stesso?

Sì.

 

Avete avuto altre richieste di aderire alla Repubblica Sociale in Polonia?

No. No, no, là no.

 

Avete ricevuto pacchi, qualcosa?

Io un pacco da casa l’ho ricevuto. Però, avevano spedito altra roba ma non l’ho ricevuta.

 

Quindi potevate corrispondere con la famiglia?

A casa hanno ricevuto posta da me dopo un anno, 13 mesi.

 

Quanto è rimasto in Slesia?

Eh, almeno un anno, almeno un anno.

 

Quindi lei facendo questo lavoro di saldatura, ha evitato di andare in miniera ed è stato messo in questa officina.

Sì, era un’officina manutenzione, manutenzione alle apparecchiature della miniera.

 

Erano solo prigionieri che lavoravano lì?

No c’erano anche i civili, polacchi, tedeschi …

 

Anche tedeschi?

Sì, sì!

 

Quindi aveva anche l’opportunità di scambiare qualche parola con i suoi compagni di lavoro?

Sì, sì, sì quello sì.

 

E mangiavate in fabbrica? C’era una mensa?

No, si mangiava quando si andava in baracca.

 

E invece gli altri lavoratori in fabbrica?

Loro si portavano delle fette di pane al sistema che facevano loro. Quel pane, che per noi non è nemmeno giallo, perché noi lo chiamiamo pane giallo: ma quello è marrone veramente! E’ fatto come un mattone.

 

Questa officina comunque dipendeva dalla miniera?

Sì, si, sì. Era l’officina manutenzione della miniera.



Chi manteneva l’ordine, la disciplina? C’erano guardie interne?

No, erano i civili: se erano in difficoltà, chiamavano il campo e intervenivano i militari tedeschi.

 

C’era diversità di trattamento tra voi e i russi a parte quell’episodio che m’ha detto?

No, non penso, non penso. C’era un po’ da vedere sotto com’era ma …

 

Quanti italiani eravate rimasti più o meno?

Lì in quel posto mi sembra in trecento. La brutta cosa che avevamo lì, sa qual’era? Che avevamo un certo sergente e un sergente maggiore (se poi era sergente maggiore) un napoletano e un calabrese, un certo Sgodrio e un certo Terraciano. Il Terraciano era un napoletano. Quelli, per non lavorare loro erano pronti a picchiarci. Se uno ritardava a mettersi in colonna per andare in miniera, era facile che prendeva botte.

 

Loro invece non volevano andare in miniera?

Loro non andavano. Loro stavano al campo.

 

Facevano i kapò?

Sicuro. I caporali. Siamo ancora…

 

C’è qualche episodio particolare in miniera che ricorda, qualche persona, qualche cosa nei rapporti personali, qualcosa che possa essere interessante, utile ricordare, qualcosa di curioso che l’ha colpita?

Gli episodi erano quelli causati con l’ascensore. Perché qualcuno magari di corsa prendeva l’ascensore e quanta gente tiravano fuori ferita! Qualcuno arrivava in ritardo, e … l’ascensore se parte… perché, il meccanismo, i motori per l’ascensore, non erano sopra la cabina ma erano lontani e c’era la fune che passava. Quindi se il segnale… ricevevano di partire, partivano e quello che era dentro tra il sì e il no lo trascinavano ed era facile che …
Oppure, fughe di gas. Mi ricordo una volta, ne han portati fuori che stavano male, stavano molto male ma proprio per la fuga di gas in miniera o qualche incendio, e ce n’era eh! La miniera faceva paura!



Sapevate come andava la guerra? Eravate vicini a un confine che si stava scaldando…

Ma sì ce n’era sempre dicerie! Tanto che avevamo un piacentino che quello tutti i giorni ne aveva una! E si diceva “Radio Scarpa” per dire qualcosa. In quel mentre eravamo in mano all’organizzazione Todt.

 

Quindi voi dipendevate dalla Todt?

Dopo tredici mesi sìamo passati sotto la Todt. E c’era un tedesco che capiva cosa voleva dire “va a pochi!” E tra di noi sì diceva: “va a pochi!” e un giorno ci ha detto: “Io se voglio vi faccio fucilare tutti!”; Per dire …guardi, …… vedendo la cosa dopo, non valeva la pena non firmare. Valeva la pena firmare, tanto, perlomeno si alleviava la cosa.

 

Firmare cosa?

E il trattamento poteva essere diverso!

 

Firmare il lavoro?

Firmare per loro.

 

Firmare alla Repubblica Sociale e tornare in Italia?

Sì! Però vede, proprio questo Ammiraglio ha detto: “Va bene: voi ci mandate in Italia, quando siamo in Italia giudicheremo se dobbiamo firmare o non firmare”. E l’ha passata male quello!

 

Dove l’ha incontrato? Dopo la miniera?

Sì l’ho incontrato ancora dopo un anno o che, ma era malmesso!

 

Lei viene trasferito dalla miniera, perché?

Perché è stata una cappellata nostra. Abbiamo capito che cercavano persone per andare a fare il pane e invece cercavano persone per andare a fare ferrovia, e di notte.

 

Ma perché c’è stata una cattiva traduzione ?

Eh … l’abbiamo intesa così; …..Per stare assieme eravamo: uno di Appiano che adesso è già morto, gente di Chiavenna, un certo Pasina, che è del ‘18, un suo cugino che era del ‘24, insomma, abbiamo fatto un gruppo di… non so se eravamo un gruppo di sei o di otto, per andare … e invece ci hanno portati …

 

Un giorno son venuti e vi hanno chiesto: volete andare a lavorare in un posto? E voi avete capito che volevano mandarvi a fare il pane e invece…..…

Perché era a Wattenscheid tra Wattenscheid e, non so se è Bielefeld o Herford . Lì c’era un ponte diviso in due, con due binari per ponte, aveva ventisei archi, quindi aveva una bella lunghezza, e lì hanno buttato tante bombe che… per un diametro di due chilometri forse anche di più, era una buca sola. Finché ne hanno colpito uno, e poi han colpito anche l’altro. Perché lì quando arrivavano i bombardamenti… tra le fabbriche della Krupp e quella ferrovia lì …..

 

Quindi qui non siamo più in Slesia?

Siamo in zona Essen..

 

Mentre in Slesia i bombardamenti non …

Bombardamenti… era un divertimento!

 

Vedevate gli aerei passare?

Mentre invece là no!

 

Bombardamenti continui?

Porca miseria!

 

Ha detto: “ci siamo sbagliati” quindi vi hanno messo ancora su una tradotta , voi in gruppo, di dieci, quindici, quanti eravate?

No eravamo… Non so, se sei o otto.

 

Sei o otto: quindi vi hanno messo su un’altra tradotta…

… e ci han portato in zona Essen.

 

Ma la tradotta anche questa era ancora chiusa?

Sì, sì, sì, sempre chiusa.

 

In che periodo siamo?

Lì siamo…

 

Già settembre ‘44?

E sì. Forse anche ottobre.

 

Teoricamente eravate passati civili, non avete avuto nessuna comunicazione?

No, no. Non c’è stato nessuno scritto. Abbiam detto noi, e ci han preso e via.

 

Quindi vi hanno portato nella zona di Essen, vi hanno portato prima in un campo di concentramento?

No, no, eravamo alloggiati in una scuola.

 

Lì avete scoperto che eravate alle dipendenze dell’organizzazione Todt?

E abbiam trovato l’organizzazione Todt che dirigeva.

 

Cosa vuol dire che avete trovato l’organizzazione Todt? C’erano altri che lavoravano per l’organizzazione Todt?

E sì, sì, perché su quella ferrovia facevano una ferrovia che evitasse il ponte, prendeva il giro …

 

Stavano costruendo una nuova linea …

Stavano costruendo perché hanno capito che il ponte quanto prima veniva abbattuto.

 

Questo lavoro era di giorno e di notte?

Di giorno e di notte.

 

Erano impiegati molti prigionieri nell’organizzazione Todt? Vi hanno dato una divisa?

No, no, sempre con …

 

Le condizioni di detenzione erano migliorate?

No, no, no.

 

Eravate nella scuola?

E sì, eravamo nella scuola, ma il cibo era sempre quello!

 

Non cambiava niente?

Qualche pezzettino di patata…

 

La scuola era presidiata?

Perlomeno eravamo un po’ più riparati che nelle baracche.

 

Eravate liberi di uscire?

No, no, no.

 

Neppure la domenica?

No, niente.

 

Quindi lì in prigionia erano solo italiani che lavoravano per la Todt, tutti italiani soltanto?

Sì eravamo tutti italiani lì.

 

Questo lavoro quindi era un lavoro anche pericoloso, c’erano bombardamenti anche sulla nuova linea?

Ah sì eh! Guardi, la nuova linea, il giorno che è stata finita, alla notte l’han bombardata, subito! Ma guardi che hanno fatto una buca enorme!

 

Quando c’erano i bombardamenti voi dove andavate?

Prima dovevano entrare i civili nel tunnel che avevano fatto, come una galleria in cemento, e poi c’erano quegli scarichi di carbone, quegli scarti di carbone, che saranno stati cinquanta metri forse anche di più, di roba sopra!

 

Sopra alla galleria?

Sopra alla galleria, però prima dovevano entrare i civili e dopo noi.

 

I civili, la gente che abitava lì?

Gli abitanti.

 

Voi avevate più rapporti coi civili?

Devo dire che in Oberslesia, c’era una signora, fuori dalla recinzione della miniera, fuori dalla recinzione, come minimo lì passavano dai dieci ai venti italiani tutti i giorni; un piatto di zuppa calda…

 

Glielo dava lei?

Sì, lo faceva apposta.

 

Era una tedesca?

No, era una polacca. E c’era un certo Dondina qui di Lecco, lui era il privilegiato.

 

Le guardie non dicevano niente?

No, no, no. Un giorno ci hanno scoperto, e hanno conosciuto proprio questo qui, ma questo non mollava mica! Lui voleva… Volevano sapere chi erano gli italiani che… gli altri italiani che c’erano dentro! Perché la casa, aveva una porta da una parte e una porta dall’altra. Invece c’era la guardia di qui, sono usciti di là e son scappati, però lui lo conoscevano. Specialmente l’ingegnere lo conosceva! E voleva, alla sera prima d’andare in baracca, voleva sapere chi era con lui. Non l’ha mica detto!

 

L’hanno punito?

Oh! Se l’han punito!

 

Però se l’è cavata!

Questo era abituato a dirle all’ingegnere, era in magazzino, e ogni risposta che gli faceva l’ingegnere lui lo mandava sempre ….. Finché quello là è andato a vedere cosa voleva dire quella parola lì: Oh! Se l’ha castigato dopo!



Per chi lavorava tranquillo invece i rapporti com’erano?

Se uno non disturbava… Perché quello per esempio in una promessa… Un giorno si stava facendo uno scavo: “Quando arrivate lì andate in baracca”. Poi è arrivato il grande capo e ha detto: “No dovete arrivare là”, e questo qui con la pala sul vagonetto, ha picchiato la pala, s’è rotto il manico e la pala è andata … Quello là, quello l’ha inteso come sabotaggio, e allora ha chiamato il comandante: quante bastonate gli ha dato con quel manico lì! Ma non ha mollato una lacrima. Questo era tremendo! Piccolino, ma tremendo!

 

In questo periodo siete riusciti a scrivere a casa? Avete ricevuto qualcosa?

Un pacco in tutto.

 

In tutta la prigionia?

In tutto ecco. Anzi questo qui, questo Dondino non ha mai ricevuto niente. E lui scherzando diceva: “Vedi, m’han dimenticato!”. Per dire …

 

Cosa facevate poi nella baracca? Dormivate, avevate da leggere, facevate qualcosa?

No, no. Tanto si rientrava, c’era la distribuzione del rancio, quando erano le otto chiudevano, basta non sì usciva più; eravamo dai cinquanta ai sessanta per baracca.

 

Quante ore lavoravate al giorno? A turni ha detto, sia di giorno che di notte?

No, no: si lavorava tutto il giorno; in Oberslesia solo di giorno; poi quando siamo passati per ferrovia allora, c’era il turno di giorno, il turno di notte e io ero tra coloro che lavoravano di notte. Il brutto era che scaricare i binari di ferrovia di notte, era molto pericoloso: perché se va giù…se viene buttato fuori dal vagone contemporaneamente da una parte all’altra bene, ma se rimane da una parte, ammazza qualcuno.

 

C’è qualche episodio della ferrovia?

No l’episodio è che il giorno che è stato finito, la notte l’han bombardato.

 

Quando termina il lavoro in ferrovia lei dove finisce?

Eravamo alla fine veramente. Perché al primo di aprile del ‘45, io son stato liberato.

 

Chi vi ha liberato?

Gli americani.

 

Eravate ancora lì in zona, siete rimasti nella scuola?

Eravamo lì nella scuola e abbiam visto che sui treni c’erano già i neri …

 

Di colpo uscite dalla prigionia, non avete nemmeno avuto un momento in cui siete rimasti…?

No, no: noi un bel giorno abbiamo trovato ……

 

Ma sapevate che stavano arrivando gli alleati?

Sapevamo, però non è che… Son spariti i comandanti tedeschi, e abbiamo capito che eravamo liberi.

 

E cosa è successo quando vi hanno liberato?

E cosa vuole … Gli italiani, la stragrande maggioranza fanno in fretta, pensano alle cose belle ma non le cose brutte. E lì, in quella scuola, si cercava di organizzarci per trovare da mangiare, a parte che poi io son finito in una famiglia, e ho fatto due o tre mesi con la famiglia: per me era come essere a casa perché veramente, allora ero trattato bene.

 

Famiglia tedesca?

Sì, una famiglia tedesca e avevano i figli, uno l’avevano perso sul fronte occidentale, l’ultimo sapevano che era a Budapest e aveva perso una gamba. E allora vede: i vecchi erano sempre attaccati a quello che era Hitler, ma i giovani no.

 

Quali giovani? Di quale età?

I giovani tedeschi.

 

I giovani della vostra età?

Sì. Perché io ho provato a mangiare a casa di un militare della SS, e quando ho visto che arrivava la sua mamma, l’ha lasciata arrivare alla porta di qui, poi m’ha mandato fuori di là. Non s’è fidato nemmeno di sua mamma… e m’ha dato da mangiare!

 

Questo era un’ufficiale?

Non so se aveva un … ma era un militare tedesco, della SS.



Senta c’è stata qualche azione degli alleati nella vostra zona sui tedeschi, civili, prigionieri?


No, no: con gli alleati è stata una cosa… Cosa vuole quelli, quelli avanzavano anche col magazzino dello sport.

 

Con i tedeschi non c’è stato qualche episodio finale, qualche vendetta?

Qualcuno faceva delle vendette, anche i russi. Andavano magari in una fattoria, si facevano dare roba e poi davano anche botte; però questo, da parte degli italiani non so se c’è l’un percento che fa una cosa del genere.

 

Gli americani lasciavano fare?

Sì, sì, sì.

 

Gli americani avevano la loro cucina e la loro organizzazione?

Sì, sì.

 

Quindi eran loro che vi davano da mangiare?

Sì dopo, ma loro poi, con scatole di tutto. C’erano scatole di tutto.

 

Avete potuto riprendere a scrivere in Italia ?

Sì, dopo sì poteva scrivere.

 

Quindi la sua famiglia sapeva che lei stava bene, che era libero…

Beh! A casa mia pensavano, almeno… In paese dicevano che io ero vivo però mi mancava una gamba. Mentre invece non era vero, no…….

 

E’ sempre stato bene?

L'unica cosa, l’unica cosa son stati quei foruncoli; guardi che tutte le sere, bisognava andare a far la pulizia ai foruncoli e così… sul collo…

 

Sono andati via da soli?

No, faceva pulizia questo infermiere, però lui me lo diceva sempre: “Fin che ti vengono fuori questi foruncoli non avrai mai niente!”, E infatti ha avuto ragione! Devo anche dire che io certe porcherie non le mangiavo.

 

Cosa vuol dire certe porcherie?

C’era gente che andava nel bidone dell’immondizia a prendere le pelli di patate da far cuocere, tutti gli scarti; io piuttosto non mangiavo.

 

Ma è cambiato qualcosa nel cibo?

E beh, sì. Io sto bene …

 

Alla Todt si mangiava meglio?

No, per quello no. La distribuzione… Anzi forse era peggio perché davano la razione del pane una volta alla settimana, conveniva mangiarla tutta, almeno era sicuro che l’aveva mangiata, perché altrimenti magari veniva rubata.



Era comune il furto anche fra prigionieri?

Perché poi, la colpa che ruba… Sono gli italiani! Perché arrivare a quella scuola lì, un camion non poteva arrivare, quindi c’erano cento metri, per andare a prendere il pane e si prendevano dieci filoni per volta. Però rubavano anche i francesi.

 

C’erano anche i francesi ?

Lì c’erano anche dei francesi.

 

Prigionieri di guerra?

Si.

 

E loro erano trattati come voi? Meglio?

Sì, si, si.

 

Meglio?

No, no, trattati come noi.



C’è qualcos’altro che vuole dire di questo periodo tedesco? Qualcosa che può ricordare, qualche persona, qualche …

Mah! Persone da ricordare… Con la famiglia io non ho più avuto rapporti, però devo dire, se non c’ero io al tavolo non mangiavano! Certamente anche loro han capito, perché me lo dicevano: “Quando sei venuto eri così però adesso …” Sì lì io devo dire …

 

Non ha più avuto rapporti con questa famiglia, non ha scritto?

E cosa vuole: nel ‘46, ‘47, ‘48 guardi che c’era una miseria che era qualcosa… Poi anche trovare il collegamento, trovare… Dopo no e ho avuto il modo di trovare una signora tedesca, ma era inutile…

 

Quand’è ritornato in Italia? Come?

Sono entrato da Chiasso io. Abbiamo attraversato la Svizzera perché eravamo a Haltern (?) . Dopo la liberazione ci avevano spostato a Haltern (?) per il rientro, e lì eravamo in una serie di villette, ma abbiamo dovuto stare lì abbastanza bene. Poi un bel giorno… Allora ci han messo sul treno civile e abbiamo attraversato la Svizzera.

 

Arriva a Como, a Como cosa succede? Vi hanno portato in caserma?

Ci han portati al distretto.

 

Vi hanno fatto l’interrogatorio?

Sì, han fatto visita e via, e poi ci hanno mandato a casa.

 

Col congedo?

Non so più nemmeno … no, ma mi sembra di non aver ricevuto il congedo.

 

I suoi più o meno l’aspettavano, l’aspettavano in condizioni peggiori e l’hanno trovata con tutte e due le gambe …

Ah! Per quello l’han saputo subito perché allora c’era il tram che arrivava ad Appiano. Lo ricorda lei il tram?

 

Mi ricordo le filovie

Le filovie? Non ricorda quel tram che veniva giù dalla Napoleona?

 

No, perché …

Sulla destra, andando in giù c’erano i binari.

 

Sì l’ho visto in fotografia.

Ecco, e m’han visto lì in Napoleona perché dalla caserma son venuto in Napoleona per prendere il tram, era pieno; la gente di Appiano m’ha visto, e quando sono arrivato io sapevano già …

 

Lei aveva ancora addosso gli abiti di quando era stato preso prigioniero?

Sì, sì.

 

Quindi era ancora vestito come quando era a Merano?

Sì, sì.

 

Ha detto: il ‘47 ‘48 sono stati anni duri, cosa vuol dire? Ha avuto difficoltà a reinserirsi?

No, io sono rientrato in Fraschini .

 

La fabbrica non aveva subito gravi distruzioni?

No, solo che non era andata bene, perché nel ‘49 la Fraschini a Saronno ha chiuso. Nel ‘48 c’è stato il licenziamento di mille e nel ‘49 han fatto la chiusura.

 

Quindi è rimasto fino alla fine? Fino al ‘49?

No. Io avevo la lettera di licenziamento, era in queste stagioni, per un mese ho resistito, ho dato retta a quelli che dicevano… Poi, siccome davano novecento ore con paga oraria, contingenza e la media di cottimo, ho preso i soldi e son venuto via.

 

Dopo cosa ha fatto?

C’è voluto un po’ di tempo: un po’ Cadorago, un po’ Rovellasca, poi qui alla Zocca a Camerlata, poi sono andato a Milano, insomma ho sempre lavorato.

 

C’è qualcosa che vuol dire per finire?

Cosa devo dire: “E’ andata bene!” … Il ricordo che ho è di un appianese che era considerato poco furbo; un appuntato di scuderia, e quello quando son partito mi ha detto: “Non andare a pensare a quelli che sono a casa! Perché quelli che sono a casa se la cavano! Se vuoi portare a casa la pelle, ci devi pensare te!” Questo sì, lo ricordo.

 

E’ stato un buon …

Si: ha avuto ragione!