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IL PROGETTO
“VOCI, VOLTI, MEMORIE DEI DEPORTATI ITALIANI NELLA GERMANIA NAZISTA”

Il progetto “Voci volti memorie dei deportati nella Germania nazista” si propone l’obiettivo di raccogliere le testimonianze dei deportati e internati militari italiani nel 1943-1945.
La tranche relativa all’anno 2003 e conclusasi in questi giorni con la pubblicazione sul sito delle trascrizioni di 12 videointerviste integrali e di sequenze significative delle stesse ha usufruito dei contributi della Fondazione Provinciale della Comunità Comasca, della Camera di Commercio e Artigianato di Como, della Fondazione Fisac, della Cooperativa”Abitare Brianza”.
Con la pubblicazione sul sito www.schiavidihitler.it il progetto compie un salto di qualità aprendosi ad una più ampia fruizione.
Fino ad oggi sono state realizzate oltre 200 ore di interviste relative ad una casistica assai ampia comprendente da una parte i civili (uomini e donne) rastrellati, precettati, volontari, politici condannati ai Kz e dall’altra i militari e dunque ufficiali e soldati con destini separati, sottoposti a condizioni anche diverse, con vari gradi di sfruttamento e punte estreme di violenza e sopraffazione, in una generale condizione di miserevole sopravvivenza nel tracollo della Germania nazista.
E’ un quadro estremamente complesso ed articolato per l’estrema varietà delle situazioni, per la loro diffusione in tutto il Reich.

Una delle grandi difficoltà che porta molti a rifiutare l’intervista è la delusione verso la Fondazione “Memoria Responsabilità Futuro”, lo IOM, il governo e le imprese tedesche.
Si sono visti per l’ennesima volta sbattuta la porta in faccia, si sentono defraudati dalla richiesta di documentare una deportazione che hanno subito, sono costretti a provare con carte oggi difficilmente reperibili in Italia (che in molti casi nessuno ha mai loro consegnato) il loro internamento e sfruttamento, pur sapendo che negli archivi tedeschi ci sono tutti i loro documenti. Chi ha miracolosamente trovato qualche carta si sente rispondere ”Lei non è stato in un campo di sterminio, ci dispiace lei non può essere risarcito”!

Questa tensione talvolta si tradisce davanti alla telecamera, amplificandone l’estraneità.
Il fattore emotivo è fortemente presente, il racconto è immersione nei fatti, risveglia dolore e sofferenza, a volte è anche catarsi quando l’intervista è una forma di rielaborazione sociale di un’esperienza che si è stati costretti a trattenere per sessant’anni.
Allo stesso tempo si sentono gruppo, quel gruppo che si formò nei lager e poi si perse col ritorno a casa, quando ciascuno si trovò da solo coi suoi ricordi, coi suoi incubi.
Si sentono gruppo e ripercorrono il loro vissuto in un contesto più generalizzato che è contesto di altri, il racconto in tal senso è caldo, complice, aperto, ma allo stesso tempo è difficile da riscontrare. I lager distribuiti in tutta la Germania , le fabbriche belliche coi loro ritmi implacabili nella loro estrema diversità appaiono come sistema globale, percepito come totalità in cui freddo, fame, pidocchi, sfruttamento, violenza e scoramento sono la quotidianità, un sistema in cui è facile a sessant’anni di distanza perdersi.
Il senso della perdita della giovinezza è altrettanto presente. Per i chiamati alle armi dell’agosto ’43 la deportazione in Germania coincise con la prima volta che uscirono da casa e dal paese. La sopravvivenza dipese dalla loro capacità di sviluppare solidarietà coi compagni di prigionia, di costruirsi una socialità del lager.
In molti di loro non c’è odio né rancore che il tempo ha smussato, ma la sofferenza non è stata dimenticata. Si sentono una generazione presa in giro da tanti, dal fascismo innanzitutto che li educò alla sua scuola che li preparava alla guerra di cui furono vittime, mandati allo sbaraglio, abbandonati a se stessi misurarono nella carne e nella mente la militarizzazione delle esistenze che si accentuò nel lager quando divennero numeri senza diritti.
Dimenticati dalla società italiana del dopoguerra, al tramonto della vita affidano alla telecamera i volti, le voci, gli sguardi e le emozioni di un mondo di vinti.
La raccolta delle loro memorie diviene dunque una corsa contro il tempo, una priorità nel nostro lavoro.

Nello specifico il progetto di videointerviste è stato possibile a partire dalle competenze della sezione video dell’Istituto e per mezzo di un finanziamento della Regione Lombardia del 2001 che ha permesso un adeguamento tecnologico degli strumenti di ripresa e di post produzione.
Il progetto prevede interviste finalizzate all’approfondimento della ricerca e funzionali alla campagna per il risarcimento. Questo duplice indirizzo ha determinato la scelta dello standard di ripresa, che riteniamo rappresenti il giusto rapporto fra flessibilità del supporto, qualità e costi contenuti.
Il finanziamento dei progetti da parte di enti istituzionali e privati, si realizza attraverso forme di compartecipazione che vanno dal 30 al 70%, con versamento dei contributi a fine progetto, situazione che costringe l’Istituto ad una anticipazione delle risorse che deve essere attentamente valutata.
Le videotestimonianze sin qui raccolte appartengono a deportati civili e internati militari, partigiani, lavoratrici coatte dell’Est Europa residenti in Italia. Alle interviste in loco si affiancano testimonianze raccolte fuori dalla nostra provincia in Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana, Lazio, Campania, Marche e Abruzzi, realizzate a domicilio oppure in locali predisposti per accogliere una serie di interviste in accordo con associazioni locali o in concomitanza di incontri nazionali di reduci.
Le riprese effettuate con telecamera Sony 150 e su supporto Dvcam, sono realizzate da una troupe formata da tre persone: il ricercatore che conduce l’’intervista, un tecnico (ripresa, luci, microfoni), un’assistente alla produzione.
Le interviste prevedono una serie di domande sulle fasi e aspetti della deportazione, internamento, lavoro coatto, liberazione. Le domande iniziali sono relative al periodo antecedente la deportazione e riguardano: caratteristiche della famiglia e dell’ambiente, educazione, lavoro, esperienza militare e di guerra. A conclusione vengono fatte domande sul reinserimento dopo il rientro in Italia.
Il materiale raccolto viene conservato in copia master.
Per quanto riguarda le strategie di conservazione seguiamo gli sviluppi tecnologici per capire dove si stabilizzeranno gli standard di conservazione digitale.
Il materiale girato è attualmente descritto solo nei suoi caratteri principali:
nome cognome, generalità dell’Intervistato, luogo e data dell’intervista, autori.

L’accessibilità all’archivio è limitata agli operatori dell’Istituto.
E’ possibile la consultazione del girato in copia Vhs previo accordo con il responsabile del progetto.
Ai testimoni viene consegnata una copia dell’intervista e viene fatto firmare un documento con liberatoria e a tutela della privacy.

 

 

 

 
Introduzione

www.schiavidihitler.it